Il correttivo, in pratica, elimina il tetto del 20% agli idonei nei concorsi «per il reclutamento di personale sanitario, educativo, scolastico, incluso quello impiegato nei servizi educativo-scolastici gestiti direttamente dai Comuni e dalle unioni di Comuni, e dei ricercatori», oltre che per il personale in regime di diritto pubblico (come professori universitari e magistrati). E soprattutto elimina il vincolo anche alle «procedure concorsuali bandite dalle Regioni, dalle province, dagli enti locali o da enti o agenzie da questi controllati o partecipati, che prevedano un numero di posti messi a concorso non superiore a 20 unità e per l’effettuazione di assunzioni a tempo determinato» quando si tratta di scorrere le graduatorie perché i vincitori di concorso rinunciano al posto o si dimettono nei primi sei mesi.
Nella girandola di interventi normativi sempre in azione sul pubblico impiego, per capire il problema bisogna risalire indietro di un mese esatto, alla legge di conversione del precedente decreto sul «rafforzamento amministrativo» per il Pnrr (Dl 44/2023) pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 21 giugno. In quel caso un emendamento promosso sempre dal Governo aveva introdotto un po’ a sorpresa il limite che permette di considerare «idonei» solo i candidati che si collocano in graduatoria entro il 20% dei posti successivi all’ultimo utile. In pratica, in un concorso per due posti, in una graduatoria di 12 gli idonei che possono aspirare a subentrare ai vincitori sarebbero due.
L’intento è chiaro, ed è di contenere il fenomeno delle idoneità ad ampio raggio che alimentano nei diretti interessati aspettative di assunzione molto spesso difficili da tradurre in realtà. Il tetto generalizzato, però, ha subito sollevato un allarme negli enti territoriali (Sole 24 Ore del 29 giugno e del 3 luglio), di cui si erano fatti portavoce in una lettera al ministro per la Pa Paolo Zangrillo, i presidenti di Anci, Upi e Conferenza delle Regioni. Nelle amministrazioni locali infatti sono più frequenti i concorsi per pochi posti. Perché in quel caso è più che verosimile il blocco del “mercato delle graduatorie”, perché gli enti non consentono di utilizzare le proprie graduatorie alle altre amministrazioni per non trovarsi presto scoperte nei casi sempre più frequenti di rinunce o dimissioni. L’effetto collaterale, quindi, sarebbe quello di una moltiplicazione di concorsi (e dei costi per sostenerli),
Di qui il correttivo che, sottolinea Pella, promuove «una norma voluta fortemente dai territori» e permette «una maggiore agilità e rapidità nel reclutamento di risorse e competenze che servono per mettere a terra tutte le opere, i cantieri e le azioni di rafforzamento previsti dal Pnrr e dal Pnc e dalla programmazione 21-27.