Torna in consiglio dei ministri il decreto sui dipendenti pubblici che truffano sulle presenze. Rispetto al testo originario salta il reato di omissione d’atti d’ufficio per il dirigente che non segnala chi bara al tornello. La legge delega non lo prevedeva. La prima versione del decreto è passata in Consiglio dei ministri a gennaio. Ed era molto severa: i dirigenti che non sospendono i dipendenti pubblici colti in flagrante mentre imbrogliano sulle presenze sono colpevoli di omissione d’atti d’ufficio. Reato punito con la reclusione fino a due anni. Ma nella nuova versione che giovedì tornerà in Consiglio dei ministri per il via libera finale, dopo il parere delle commissioni parlamentari, la linea sarà più morbida. Niente reato per i dirigenti che non si accorgono di chi striscia il badge per conto terzi. A meno che il governo non decida di far traslocare quel pezzo del decreto in un nuovo disegno di legge, da approvare sempre giovedì. Perché mai un percorso così complicato? Il motivo è tecnico ma insormontabile.
Il rischio ricorsi
Quello sui furbetti del cartellino, con la sospensione entro 48 ore e il procedimento disciplinare da chiudere in un mese, è un decreto attuativo della riforma della Pubblica amministrazione. È la riforma a fissare i principi che poi i singoli decreti devono attuare. Ma nella riforma si parlava solo di revisione del procedimento disciplinare, non di una nuova norma penale. Tenere il punto significherebbe esporsi al rischio dell’eccesso di delega, cioè perdere al primo ricorso. E visto che si tratta di dirigenti della Pubblica amministrazione, esperti della materia, il ricorso arriverebbe subito. Quindi niente omissione d’atti d’ufficio.
Per lo stesso motivo, eccesso di delega, potrebbe saltare un’altra novità contenuta nella prima versione del decreto: l’azione di responsabilità, a carico dell’assenteista, per danni all’immagine della Pubblica amministrazione. Le modifiche sono state suggerite dai pareri delle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato. Saranno accolti anche altri correttivi: l’assegno alimentare pagato al dipendente sotto procedimento al quale è stato sospeso lo stipendio, ad esempio. Mentre i 30 giorni previsti come durata massima del procedimento potranno diventare 60 nel caso in cui il dipendente sia irreperibile e diventi necessario avvertirlo con una raccomandata.
Il Corriere della Sera – 13 giugno 2016