La vicenda dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese ha degli aspetti surreali. Con la creazione di regole sempre più complesse per sbloccare vincoli sempre più misteriosi.
Tanto per cominciare nessuno sa quantificare a quanto ammontino gli arretrati. Bankitalia aveva stimato 90 miliardi, una ricerca dell’università di Bologna arriva a 150 miliardi di euro. In ogni caso una montagna di debiti, che sta rischiando di far fallire migliaia di imprese. È un problema noto da anni, ma finora affrontato senza troppa convinzione.
Finalmente, dopo settimane di polemiche, il governo ha preparato un decreto nel quale, allentando i vincoli del patto di stabilità e mettendo sul mercato nuovi Cct, promette di restituire in un anno o due una parte delle somme: stiamo parlando di meno della metà dei debiti arretrati. E per il debito che non si riuscirà a coprire? E per i nuovi debiti che saranno contratti in questi due anni? Domande troppo impegnative.
Non è la prima volta che il governo prende delle misure per velocizzare i pagamenti dei debiti delle p.a. Già Berlusconi aveva tentato di risolvere tutto approvando norme che imponevano alla pubblica amministrazione di saldare i propri debiti in 30 o 60 giorni. Il governo Monti è ritornato sul tema, ma quello che è stato fatto nel 2011 e nel 2012 ha avuto poca efficacia. Si è tentata innanzitutto la strada dell’emissione di titoli di stato con l’obiettivo di ripagare i debiti: il Tesoro avrebbe dovuto emettere 2 miliardi di Cct per i pagamenti alle p.a., ma in concreto ne sono stati emessi solo 15 milioni.
Poi si è studiato un meccanismo con cui le imprese avrebbero dovuto chiedere un documento che certificasse i propri crediti nei confronti dello stato. Quel documento avrebbe potuto poi essere usato come garanzia presso le banche o altri creditori. Le certificazioni alle imprese emesse alla fine di gennaio sono state appena 71, e riguardavano solo debiti delle p.a. per 3 milioni di euro. Ora ci si è persi in una discussione di giorni sui vincoli comunitari. In realtà l’80% dei pagamenti arretrati non avrebbe, al momento del pagamento, alcuna influenza sul deficit.
Gli acquisti della p.a. possono, infatti, essere decisi solo disponendo dei fondi necessari nel bilancio previsionale, fondi che al momento di attuare la spesa sono già stati impegnati. Quindi anche se il pagamento viene effettuato l’anno dopo non c’è alcun aumento del deficit. Il problema si pone invece per le spese da investimento che non funzionano secondo il criterio di competenza, ma (in Italia) per cassa. Solo nel momento in cui si paga si registrerà un aumento del debito pubblico. Ma parliamo di un quinto delle spese totali. A questo punto un imprenditore potrebbe chiedersi: ma allora cosa aspettano a pagarmi? Le risposte sono una, nessuna e centomila.
ItaliaOggi – 8 aprile 2013