Il bollino della Corte dei conti arriva anche per il decreto sui criteri generali per la mobilità dei dipendenti pubblici, che ora aspetta solo la pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» per completare il quadro attuativo della riforma delle Province.
I tasselli mancanti, a questo punto, si concentrano nelle nove Regioni ordinarie che non hanno ancora approvato le leggi di redistribuzione delle funzioni provinciali, e che dovrebbero procedere entro fine ottobre se non vogliono inciampare nelle sanzioni (non semplicissime da attuare) previste nel decreto enti locali. Con la pubblicazione del nuovo decreto firmato dal ministro per la Pa Marianna Madia, comunque, partirà il conto alla rovescia per attuare la mobilità dei dipendenti in «soprannumero» negli enti di area vasta. La prima tappa è prevista 10 giorni dopo la pubblicazione, e riguarda il consenso del personale in comando o in distacco a essere inquadrato nell’ente in cui già si trova. Entro fine ottobre (se come tutto lascia supporre la pubblicazione del testo in Gazzetta avverrà a breve) Province e Città dovranno inserire nel portale nazionale della mobilità gli elenchi degli esuberi, e nei 30 giorni successivi (quindi entro fine novembre) Regioni, enti locali, sanità e Pa statali dovranno pubblicare i posti disponibili nei loro organici per l’assorbimento degli ex provinciali. Il censimento dovrà essere pubblicato dalla Funzione pubblica nei 30 giorni successivi (e siamo a fine dicembre), dopo di che i diretti interessati avranno 30 giorni per esprimere la propria preferenza sulla ricollocazione. Nei 30 giorni successivi, quindi entro l’inizio di marzo, la Funzione pubblica assegnerà ai nuovi datori di lavoro i dipendenti interessati, che entro un mese dovranno prendere servizio.
Anche secondo il serrato calendario scritto nel decreto, quindi, la maxi-mobilità collegata alla riforma ha bisogno di almeno altri sei mesi. I bilanci di Città metropolitane e Province, che già hanno il fiato corto per i tagli da un miliardo scritti nell’ultima manovra, cominceranno ad alleggerirsi davvero dei costi del personale solo in primavera: una prospettiva che pone qualche interrogativo pesante sulla sostenibilità dei conti locali, in vista di una manovra che già dovrebbe trovare il modo di rivedere l’altro miliardo di tagli in calendario per il 2016.
A complicare la corsa c’è poi il fatto che anche questo decreto, oltre a fissare i criteri per la scelta sulla nuova collocazione e le priorità in caso di preferenze analoghe, in fatto di stipendi parla ovviamente la stessa lingua del provvedimento già varato sulla mobilità fra diversi compartimenti pubblici, prevedendo la salvaguardia del trattamento fondamentale e dell’accessorio solo per le voci «con carattere di generalità e natura fissa e continuativa» (da finanziare con una sezione ad hoc dei fondi decentrati). Questo meccanismo, motivato dalla necessità di allineare stipendi e inquadramenti, ha già fatto infuriare i sindacati, che annunciano ricorsi in caso di buste paga alleggerite.
Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 30 settembre 2015