La pubblica amministrazione italiana è ancora lontana dalle eccellenze del Nord Europa (siamo sui livelli di Cipro e Spagna), «ottiene una valutazione complessiva poco sotto la sufficienza» e «ha una potenzialità di fondo che non viene sfruttata», perché non sa gestire con efficacia le proprie risorse, sebbene un recupero di efficienza nell’impiego delle possibilità di spesa sarebbe «possibile e auspicabile».
Oltre all’efficienza, un altro punto debole è quello della sostenibilità, mentre risultati più lusinghieri sono stati raggiunti sulla qualità dell’output.
A mettere sotto esame le “performance delle pubbliche amministrazioni” in Europa è uno studio comparativo effettuato da Unioncamere Veneto in collaborazione con il Centro studi Sintesi. In base agli ultimi dati disponibili, relativi al 2009, la ricerca ha analizzato il trend dal 2004 (un arco temporale che incorpora anni di sostanziale crescita come il 2005 e il 2006 e anni in cui la crisi è sorta e ha prodotto i suoi primi effetti) di 17 indicatori, a loro volta sintetizzati in tre sub-indicatori (efficienza, sostenibilità e qualità dell’output) del settore pubblico dei 27 paesi Ue.
«Da Maastricht in poi – afferma Gian Angelo Bellati, direttore di Unioncamere Veneto – è cresciuto l’interesse per gli studi sull’efficienza dei sistemi pubblici. Ma oggi, soprattutto per i paesi maggiori come l’Italia caratterizzati da forti differenze territoriali, bisogna passare ad analisi regionali o per macro-aree, evitando politiche di taglio solo lineari».
Secondo lo studio, l’andamento globale delle Pa europee denota «un sostanziale miglioramento, che gradualmente è proseguito fino al 2008 ma che, dopo tale massimo, ha invertito la tendenza dei risultati, peggiorando e segnando così un’evoluzione negativa che probabilmente proseguirà con i dati del 2010». Nonostante tra il 2004 e il 2009 tutti i paesi, tranne Romania e Irlanda, abbiano registrato una variazione positiva, gli Stati europei che sono riusciti a portarsi al di sopra della media 2004 nel 2009 sono stati solo sei su 16.
Guardando ai risultati in termini di efficienza e di output, le pubbliche amministrazioni dei paesi nordici si confermano le più performanti d’Europa (vedi tabella) e buoni progressi fanno registrare anche i grandi paesi dell’Europa centro-settentrionale, anche se i settori pubblici che più hanno sorpreso in termini di performance sono indubbiamente quelli di Repubblica Ceca, Estonia e Slovenia, «paesi di recente entrata nella Ue, ma che hanno dimostrato di poterne far parte a pieno titolo».
Un elemento però accomuna le Pa dei 27 paesi. Negli anni della crisi (2008 e 2009), «tutte le nazioni hanno peggiorato la propria sostenibilità economica senza nessuna eccezione, segno che la recessione ha inciso su tutti gli Stati europei e che nessuno di essi, per quanto virtuoso, sia riuscito in modo significativo ad arginarne gli effetti e a invertire la tendenza».
E l’Italia? Partendo da una situazione prossima alla media 2004, ha migliorato di circa 6 punti i propri risultati, «ma il vero salto di qualità – conclude Bellati – deve riguardare la spesa: come avviene soprattutto nei paesi del Nord Europa, prima vanno ridotte le spese fisse e per il personale, poi si potranno toccare quelle per gli investimenti».
21 marzo 2011 ilsole24ore.com