Un tavolo per affrontare la questione dei precari della pubblica amministrazione «che dovranno diventare un’eccezione e invece oggi sono la regola», mentre sul blocco degli stipendi esteso fino al 2014 non ci sono margini di manovra. Il ministro della Pubblica amministrazione, Giampiero D’Alia, incontra i sindacati di categoria, ascolta le loro richieste ed evita di prendere impegni che non sarebbe facile mantenere. Il problema è sempre quello, i soldi: per i 110 mila contratti a termine del settore il governo ha reso possibile la proroga fino alla fine dell’anno ma a patto che le singole amministrazioni abbiano i soldi per farlo. Quanto al blocco dei contratti si prolunga dal 2008-2009, biennio in cui avvennero gli ultimi rinnovi. Aggiungere i due-tre anni, ai cinque di blocco in atto, significa arrivare a quota otto. Leggi anche Cosmed ha chiesto la revoca del blocco dei contratti
E proprio sul blocco della contrattazione, partito ufficialmente nel 2010 e prorogato fino al 2014 dal governo Monti con un decreto ancora in Parlamento per il parere delle commissioni, D’Alia ha fatto capire che la decisione spetta a chi controlla i conti pubblici. Per questo diventa possibile un nuovo incontro, stavolta con il presidente Enrico Letta e il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni.
La Cosmed denuncia la strumentalità delle posizioni del Ministro della Pubblica Amministrazione e conferma lo stato di agitazione delle categorie professionali rappresentate dalle organizzazioni sindacali aderenti
Prudenti ma non soddisfatti anche gli altri sindacati. Cgil, Cisl e Uil considerano «inderogabile necessità di una discontinuità delle politiche nel lavoro pubblico». Mentre la Confsal parla di «risposte non adeguate» e promette «azioni di lotta». Oggi D’Alia sarà di nuovo in Parlamento per illustrare il suo programma, come stanno facendo in questi giorni tutti i ministri. E dovrebbe dire qualcosa di più su due misure allo studio fin dai primi giorni del suo incarico. La prima riguarda i tempi, lentissimi, della burocrazia italiana. Con l’ipotesi di fissare dei limiti temporali precisi per ogni singolo procedimento con la possibilità di introdurre anche dei meccanismi di natura indennitaria, cioè dei risarcimenti, in caso di sforamento. La seconda, più in generale, riguarda la semplificazione delle procedure burocratiche. Si dovrebbe partire dalle «100 procedure più complicate da semplificare» coinvolgendo anche i cittadini e chiedendo loro consigli e suggerimenti su cosa cambiare. Il modello sarà quello della consultazione pubblica via Internet, già utilizzato dal governo Monti sia per la spending review sia per l’abolizione del valore legale del titolo di studio.
Di semplificazioni ha parlato anche il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini: «Su questo tema a brevissimo avremo un’operazione del governo di forte impatto». Ma poi è tornato sul pacchetto di misure che il governo dovrebbe approvare prima della fine di giugno e a ridosso del Consiglio europeo sull’occupazione. Ha sottolineato il ministro che le risorse messe a disposizione da Bruxelles per la Youth guarantee , il progetto di contrasto alla disoccupazione giovanile, non basteranno: «Quei 400-500 milioni sono qualcosa che non è adatto alla gravità della situazione». E ha raffreddato le attese sugli sgravi fiscali per chi assume: «È vero, il cuneo fiscale in Italia è molto elevato ma la riduzione va perseguita a medio termine, sul piano congiunturale non ci si aspetti che produca il massimo». Giovannini ha ricordato che il «governo Prodi ridusse il cuneo con un intervento consistente ma l’effetto macroeconomico di quella misura fu bassissimo». E questo perché «si aumentavano le buste paga di poche decine di euro ogni mese, mentre le imprese che allora non se la sentivano di aumentare occupazione e investimenti non ebbero il coraggio di investire».
Giovannini ha difeso piuttosto la staffetta generazionale, il passaggio di consegne dagli anziani ai giovani: «Sarebbe un errore non cogliere cosa significa per un giovane lavorare a part-time ed essere inserito in un’azienda. Il lavoro è molto più del salario». E poi, dopo aver ricordato che il nodo pensioni verrà affrontato più avanti, ha chiesto al Parlamento di approvare rapidamente il nuovo Isee, l’indicatore della situazione economica equivalente, il cosiddetto riccometro usato per far pagare o meno tutti i servizi del welfare. Corriere della Sera
Statali, stop a rinnovi e indennità: persi 6 mila euro in cinque anni
I conti, nelle tasche dei dipendenti pubblici, li hanno fatti i sindacati. E sono conti al ribasso, aggiornati dal blocco dei contratti, peraltro ribadito dal ministro della Funzione Pubblica, Giampiero D’Alia. Seimila euro persi in cinque anni per mancati aumenti di stipendio. Gli anni che vanno dal 2010 al 2014, cioè quelli relativi a tutto il periodo di stop della contrattazione e delle indennità. Come dire che in un lustro, i tre milioni di statali, dovranno rassegnarsi a veder ridotte le proprie retribuzioni di 240 euro al mese. Secondo le organizzazioni sindacali, alla fine del prossimo anno mancheranno all’appello almeno 10 punti di potere di acquisto.
I CONTI
Un conto salatissimo pagato alla crisi e alla spending review, ma che potrebbe risultare ancora più pesante se solo si prendesse in esame, più in dettaglio, la dinamica contrattuale. Vero è che lo stop riguarda il quinquennio 2010-2014, ma in effetti il blocco si prolunga almeno dal 2008-2009, biennio in cui avvennero gli ultimi rinnovi. Aggiungere i due-tre anni, ai cinque di blocco in atto, significa arrivare a quota otto. Non è finita. Secondo l’Istat, quindi l’istituto principe che si occupa di statistiche, i tempi medi per rinnovare i contratti nel pubblico e nel privato variano tra i ventiquattro e i trenta mesi. L’ultima promessa – anzi, una speranza – del ministro, Gianpiero D’Alia, parla di un possibile sblocco dei contratti per il 2015. Ma la firma potrebbe non arrivare prima del 2017-2018. Risultato finale: i dipendenti statali rischiano di ritrovarsi con i nuovi contratti e quindi i nuovi aumenti (se ci saranno) a distanza di dieci anni dalla firma sui vecchi. Prospettiva assolutamente non incoraggiante per una categoria che, a torto o a ragione, si è sentita spesso bistrattata. Comunque presa di mira per inefficienza e scarso attaccamento al servizio.
I sindacati sentono che la platea degli iscritti è irrequieta. E hanno deciso di riaprire il confronto con il governo, per ora con un atteggiamento soft, ma non è escluso che la possibile indisponibilità dell’esecutivo (conseguenza della mancanza di risorse) possa far maturare prese di posizione via via più rigide. Fino a sfociare in aperto conflitto. Nelle settimane scorse era stato il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, a preannunciare la volontà ferma di riaprire con il nuovo esecutivo il tema del blocco dei contratti pubblici: «E’ una delle nostre priorità». Che tocca anche quella degli organici. Sventato, al momento, il pericolo dei tagli, è un fatto che il personale è continuato a calare negli anni, a partire dal 2008. Tra il 2008, appunto, e il 2011 gli impiegati statali sono diminuiti di quasi 154.000 unità (circa il 5%) passando da 3.436.000 a 3.247.000. E nel 2012 la cura dimagrante è proseguita. Facile immaginare che il trend proseguirà.
I DIPENDENTI
Il settore più numeroso è quello della scuola con un milione di dipendenti, seguito da quello della sanità con oltre 600.000. Poi Regioni e autonomie locali (488.000). Più di 300.000 gli uomini delle forze dell’ordine, quasi 120.000 quelli delle forze armate. Nella magistratura sono impiegate 10.000 persone, nelle università circa 90.000, nella ricerca 20.000. E’ la Lombardia la regione con il maggior numero di dipendenti pubblici: 406.000. Al secondo posto il Lazio con 401.000. Ma proprio il Lazio ad avere il maggior numero di impiegati (12,35% ). Il Messaggero
Pa, i contratti restano bloccati fino al 2014. Richieste e reazioni dei sindacati
I contratti nella pubblica amministrazione devono ripartire. Non è possibile aspettare il 2014. Quattro anni di blocco della contrattazione, hanno infatti determinato una netta perdita del potere di acquisto delle retribuzioni. Queste le principali richieste inoltrare dai sindacati Cgil, Cisl e Uil, al ministro della funzione pubblica, Giampiero D’Alia, durante l’incontro che si è svolto ieri a Roma, presso palazzo Vidoni. Secondo Cgil, Cisl e Uil, «è necessario far ripartire la stagione contrattuale dando risposte economiche al lavoro pubblico, tramite delle modifiche legislative volte a sbloccare il meccanismo della contrattazione». Per i sindacati, è inoltre «parimenti urgente, dopo la positiva proroga dei contratti a tempo determinato in essere, lavorare per una soluzione del problema precariato». Non lascia dubbi però, la risposta del ministro D’Alia, in merito alla possibilità di far ripartire la contrattazione già dal 2013. «Entro la fine dell’anno», ha spiegato il ministro, «si terrà un tavolo tecnico per valutare, sia la possibilità di far ripartire la contrattazione nel 2014, sia la possibilità di raggiungere un’intesa con le organizzazioni sindacali affinché il fenomeno del precariato sia una vera eccezione». Sempre in materia di precariato, D’Alia ha poi sottolineato che «esistono varie forme di precariato, pertanto è necessario censirle e vedere quale soluzione trovare, ma questo potrà avvenire non prima della fine del 2013». A dichiararsi delusa a seguito dell’incontro, la Confsal (Confederazione dei sindacati autonomi dei lavoratori), per mezzo del segretario generale Marco Paolo Nigi. Per il Segretario infatti «Se il governo non darà puntuali risposte sulla stabilizzazione dei precari e sul rinnovo dei contratti, saremo costretti a intensificare le azioni di lotta, già intraprese dalle nostre federazioni di categoria». ItaliaOggi
5 giugno 2013