In sei anni sono stati chiusi 3.500 uffici pubblici: le politiche di razionalizzazione e di contenimento dei costi della Pubblica Amministrazione hanno portato a un calo del 3,2 per cento delle “unità locali”. Una riduzione analoga non si è registrata invece nel numero dei dipendenti, però c’è stato un “travaso” da contratti a tempo indeterminato a situazioni più precarie: i contratti a tempo determinato sono infatti aumentati del 7,3 per cento. Oltre la metà del personale della Pubblica Amministrazione è concentrato nelle amministrazioni centrali. I dati emergono dal Censimento Permanente delle istituzioni pubbliche 2017, presentato stamane dall’Istat.
Il travaso è stato anche dai contratti di lavoro dipendente a quelli di non dipendente. Infatti la Pubblica Amministrazione tra il 2017 e il 2011 ha perso l’11,3 per cento di lavoratori dipendenti (92 mila) e ha visto un aumento dell’8,5 per cento di quello non dipendente.
La quota maggiore di tempi determinati si riscontra tra le donne (9,4% contro 7,2%), però è anche vero che le donne occupate nella pubblica amministrazione sono 2 milioni e rappresentano la componente maggioritaria, con una quota pari al 56,9% del personale in servizio. La più elevata presenza di donne si registra negli enti del Sistema sanitario nazionale (SSN) con il 65,9%, il valore più basso nelle Regioni (48,3%) e Università pubbliche (49,6%).
Nonostante la prevalenza femminile, le donne ai vertici delle istituzioni pubbliche sono una sparuta minoranza, appena il 14,4%. La quota più bassa si trova nelle Province e nelle Città Metropolitane e nelle Università.
Nel 2017 la quasi totalità delle istituzioni pubbliche ha utilizzato il web per la gestione dei dati e l’erogazione dei propri servizi (87,9%), con lievi ritardi tra i Comuni (87,4%), le Comunità montane e le unioni dei comuni (85,8%), gli Enti pubblici non economici (89,5%). Più contenuto, ma comunque significativo, è l’utilizzo dei servizi di cloud computing (30,5%) mentre sembrano ancora poco sfruttate, rispetto alle possibilità di impiego, le applicazioni mobile (19,4%), soprattutto considerando che il 41,9% delle istituzioni utilizza i social media nelle interazioni con gli utenti.
Sembrano poco diffuse infine le tecnologie più avanzate: nel 2017 il 5,9% delle istituzioni pubbliche ha analizzato big data e il 4,6% ha impiegato la tecnologia Internet of Thing. Sono le Università pubbliche a presentare un livello di digitalizzazione più ampio e completo rispetto alle diverse tecnologie. La diffusione dei social media è capillare nelle Università (97,2%) e nelle amministrazioni centrali (87,9%) ma riguarda meno della metà dei comuni (42,1%). Mediamente sono 4 istituzioni su 10 ad aver interagito con l’utenza attraverso social media. Gli strumenti più utilizzati dalle istituzioni pubbliche sono i social network (38,3%), a cominciare da Facebook.
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