La percentuale è bassa. Quasi irrisoria. Solo lo 0,007%. Su tre milioni circa di dipendenti pubblici, i casi di licenziamento per motivi disciplinari in un anno, il 2013 l’ultimo per il quale i dati sono disponibili, sono stati 220 in tutto su un totale di circa 7 mila procedimenti avviati. Novantanove di questi, il 45 per cento del totale, sono stati messi alla porta per assenze ingiustificate dal servizio, altri settantotto (il 36 per cento) per aver commesso reati, trentacinque, il 16 per cento, per inosservanza delle disposizioni di servizio, per negligenza o per comportamenti scorretti nei confronti di colleghi e superiori. Solo sette, invece, i licenziamenti per doppio lavoro non autorizzato. Sono stati, invece, circa 1.300 i provvedimenti di sospensione dal lavoro. I numeri sono stati appena diffusi dall’Ispettorato della funzione pubblica, l’organismo del ministero guidato da Marianna Madia che si occupa di verificare la correttezza dei comportamenti dei dipendenti pubblici. I dati della Funzione pubblica.
Lo stesso ispettorato inviato a indagare sulle assenze dei vigili urbani di Roma nella notte di San Silvestro. Non è un caso che i numeri siano stati diffusi proprio in questi giorni. In settimana ripartirà in Commissione Affari Costituzionali del Senato, l’iter della riforma sulla Pubblica amministrazione. Il governo e il relatore del provvedimento, Giorgio Pagliari, dovrebbero presentare delle proposte di modifica all’articolo 13 del testo, quello che affronta proprio il tema del licenziamento dei lavoratori del pubblico impiego.
Domani il relatore al ddl Madia, il senatore Giorgio Pagliari (Pd) presenterà gli emendamenti alla delega di riforma della Pubblica Amministrazione, sui punti più caldi, dalla dirigenza al riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze della Pa. Lo fanno sapere fonti parlamentari. Le novità più attese sono quelle che dovrebbero arrivare sui licenziamenti. Cambiamenti dovrebbero toccare il sistema della valutazione e le visite fiscali. Il ddl è al suo primo passaggio in commissione Affari Costituzionali al Senato
LE PROPOSTE
Nei giorni scorsi il ministro Madia ha messo alcuni paletti. Ha, per esempio, chiarito che nel caso di licenziamenti per motivi disciplinari dichiarati illegittimi dalla magistratura, per gli statali, a differenza dei lavoratori privati, rimarranno le tutele dell’articolo 18 nella versione precedente le modifiche del «jobs act». In pratica se ad essere licenziato illegittimamente sarà un lavoratore pubblico, avrà sempre diritto al reintegro nel posto di lavoro. Per i lavoratori privati, invece, il reintegro rimarrà solo una possibilità residuale, quando cioè il fatto contestato dal datore di lavoro si sarà dimostrato del tutto inesistente. In tutti gli altri casi i lavoratori privati avranno solo diritto ad un indennizzo monetario crescente che, al limite, potrà arrivare a 24 mensilità di stipendio.
Cosa dirà allora l’emendamento che il governo e il relatore si preparano a depositare? Secondo quanto annunciato dal ministro Madia, ci sarà una delega specifica per semplificare le procedure di licenziamento disciplinare già previste dalla riforma Brunetta. In particolare l’intenzione del governo sarebbe quella di agevolare soprattutto quelle per ‘scarso rendimento’. Una possibilità che la legge Brunetta già prevede. Le norme attuali stabiliscono che il lavoratore possa essere messo alla porta se riceve una valutazione insufficiente del rendimento per almeno un biennio. Ma dalle tabelle pubblicate dall’Ispettorato della Funzione pubblica, almeno per il 2013, nessun lavoratore risulta essere stato licenziato con questa motivazione. Il problema è che la valutazione dei dipendenti statali, seppure esplicitamente prevista, è rimasta fino a questo momento sulla carta. Sempre la riforma Brunetta prevede che ogni anno gli statali ricevano un voto per poter accedere ai premi. Il 25 per cento dei lavoratori più bravi dovrebbe portarsi a casa un super-premio del 50 per cento delle risorse del trattamento accessorio, un altro 50 per cento un premio più basso in quanto dovrebbe dividersi il restante 50 per cento del salario accessorio, mentre l’ultimo 25 per cento dei dipendenti, quelli meno produttivi, non riceverebbe alcuna gratifica. L’avvio di questo meccanismo era legato tuttavia alla contrattazione collettiva. Essendo i contratti bloccati da ormai cinque anni consecutivi, non se ne è mai fatto nulla. Adesso il governo, attraverso la delega sulla pubblica amministrazione, ha intenzione di riprendere in mano il capitolo della valutazione rendendola effettiva.
Le tabelle
Procedimenti disciplinari e relativi esiti
Andrea Bassi – Il Messaggero – 19 gennaio 2015