Il Sole 24 Ore. I concorsi pubblici già approvati o in via di definizione portano a quota 119mila gli ingressi a tempo indeterminato attesi quest’anno nella Pa. Il numero sembra imponente, e può crescere soprattutto con gli enti locali. Ma in realtà misura una rincorsa, affannosa, a un ritmo di uscite ancora più intenso, che insieme al blocco delle procedure per la pandemia ha portato l’anno scorso la Pa al minimo storico di 3,21 milioni di dipendenti. Da noi lavora in un’amministrazione pubblica il 5,6% dei residenti, contro il 5,9% della Germania e l’8,4% della Francia. Mentre in rapporto agli occupati complessivi i lavoratori pubblici sono il 13,4%, contro il 19,6% francese. In Germania l’indicatore si ferma al 10,8%, ma è schiacciato dall’alto tasso di occupazione complessiva tedesco.
Il bilancio emerge dal Rapporto annuale sul lavoro pubblico realizzato da Forum Pa, che ieri ha aperto il proprio evento annuale. Il cambio di passo da imprimere a queste cifre è uno dei punti qualificanti nell’agenda del ministro per la Pa Renato Brunetta. «Senza semplificazione e senza il nuovo capitale umano non ci può essere il pacchetto di riforme» che animano il Pnrr in via di approvazione in Europa. La riforma dei concorsi è in Gazzetta Ufficiale e affronta ora le prime, complicate prove sul campo. La prossima tappa, nel cronoprogramma del Pnrr che alla Funzione pubblica prendono molto seriamente, è la legge delega sull’anticorruzione. Il testo va presentato entro la fine del mese, e dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri la prossima settimana. Anche in questo caso a Palazzo Vidoni si sta lavorando prevalentemente di forbici. Per tagliare i tempi si punta ad approvare i decreti attuativi a settembre; e per semplificare la vita agli uffici, liberando energie per le loro funzioni fondamentali, si prova a sfoltire l’intreccio di regole su incompatibilità, inconferibilità degli incarichi e obblighi di trasparenza che spesso hanno limitato la fisiologia dell’amministrazione più che la patologia della corruzione, e che si punta ora a far confluire in una piattaforma unica. Il terreno è reso delicato dalla dialettica con l’Anac che già si è accesa sul Dl Recovery, anche se la battaglia vera si giocherà sui decreti attuativi ancor più che sui principi della delega. La delega tornerà poi a occuparsi dei diritti di accesso, su cui oggi pesa la convivenza delle regole tradizionali con quelle sull’accesso generalizzato (Foia) in un intreccio spesso non chiaro.
Ma la questione concorsi mostra che tutto sommato la preparazione delle norme è solo il prologo facile di una sfida complessa. I 119mila posti messi a concorso secondo il censimento Forum Pa lo confermano. Perché 91mila sono assorbiti dalla scuola, lasciando quindi 28mila nuovi ingressi al complesso delle altre amministrazioni. E perché questo contingente potenziale si confronta con un nuovo rischio esodo alimentato dall’invecchiamento del personale pubblico. Il Pnrr stima circa 300mila pensionamenti. Ma i dati elaborati da Fpa sul conto annuale della Ragioneria generale parlano di 528.213 dipendenti pubblici over 62 quest’anno, e 183.448 persone che hanno almeno 38 anni di anzianità maturati nella sola Pa. Le uscite effettive derivano dall’incrocio di questi due dati. E rischiano di svuotare soprattutto sanità (in uscita il 16,2% del personale in 3-4 anni), ministeri (15,2%) ed enti territoriali (10,9%). Il tutto mentre il numero dei pensionati sta raggiungendo quello dei dipendenti al lavoro. E, soprattutto, mentre c’è un Recovery da attuare.