Benazzato (Anaao): «Non si possono lasciare sguarniti i reparti. Siamo già provati dai tagli, è una polveriera pronta a esplodere»
I medici ospedalieri rispondono con un secco no: non saranno loro a prestare servizio al posto dei colleghi di base in sciopero. E se la Regione deciderà di procedere comunque in tal senso, allora dovrà costringerli firmando ordini di servizio. Perché, spiegano, non si possono lasciare sguarniti gli ospedali già penalizzati da tagli pesantissimi: sono anch’essi una polveriera pronta ad esplodere. La presa di posizione degli ospedalieri, tramite il sindacato Anaao, arriva dopo l’ipotesi prospettata dall’assessore regionale alla Sanità Luca Coletto (e prima di lui dal presidente della V Commissione Fabrizio Boron), di coprire con gli ospedalieri le zone sguarnite a causa dello sciopero dei medici di base. «Sono sorpreso da queste dichiarazioni», spiega Adriano Benazzato responsabile Anaao Veneto, «Evidenziano una non conoscenza di come stanno realmente le cose. Innanzitutto ho forti dubbi sul fatto che la legge consenta tale soluzione. E comunque: si lasciano forse senza assistenza i pazienti ricoverati? Negli ospedali mancano i medici, quelli che ci sono hanno carichi di lavoro pesanti, con orari in eccedenza. E tutto questo a causa dei tagli fatti in passato; in futuro, poi, ce ne saranno altri. Ancora: com’è possibile che uno specialista vada a sostituire un medico di medicina generale? E si pensa forse di farci entrare in un ambulatorio che è lo studio privato di un collega? O che usiamo strumenti informatici completamente diversi da quelli utilizzati in ospedale? Insomma, la nostra contrarietà a tale soluzione è totale. Se la Regione deciderà comunque di proseguire su questa strada, allora dovrà ordinarci di andare. E se è un tentativo di creare una spaccatura, noi lo respingiamo al mittente». Un nuovo fronte rischia ora di aprirsi nel mondo della sanità veneta: «L’assessore Coletto forse non si rende conto che il mondo ospedaliero è una polveriera. E qui la corda si sta tirando troppo», avverte Benazzato. Se dunque gli ospedalieri fanno sapere che negli ambulatori dei colleghi non ci metteranno piede, quelli di base avvertono Palazzo Balbi: «Noi non siamo servizio essenziale, non siamo precettabili», sottolinea Domenico Crisarà, responsabile Fimmg, una delle sigle che ha indetto lo sciopero dei camici bianchi, «E se ci sostituissero si profilerebbe da parte della Regione un’attività antisindacale». Uno degli elementi di scontro con la Regione è stato, nei giorni roventi dello sciopero, lo stipendio dei medici di base, superiore a quello degli ospedalieri. In realtà, hanno replicato i dottori, dalla busta paga vanno detratti i costi (affitto ambulatorio, pulizie, personale) e vanno dedotte le tasse: quello che resta è un importo intorno ai 4 mila euro al mese. Non solo: i medici padovani hanno deciso di pagare di tasca propria le cure palliative. «La Regione ha tagliato nel 2013 i finanziamenti e circa 400 medici padovani hanno deciso di destinare una parte dell’indennità ricevuta dall’Usl 16, al pagamento di colleghi impegnati nelle cure palliative», sottolinea Crisarà, «Abbiamo versato 300 mila euro all’anno in quattro anni, a partire dal 2013 per un totale di circa 1,2 milioni. Somme destinate all’assistenza dei malati terminali». Uno dei punti, quello dei terminali, su cui si concentra la protesta dei camici bianchi che contestano la mancata attivazione di hospice. (Sabrina Tomè)
IL MATTINO DI PADOVA – Mercoledì, 15 novembre 2017