Insieme i primi cittadini delle Ulss 21 e 22 per chiedere di potenziare l’area sud. «Se ci sono mille letti da tagliare in tutta la provincia, la scure colpisca la zona nord: la Bassa è già stata troppo penalizzata»
Verona. La pianura veronese deve prevedere almeno due ospedali – Legnago più un secondo nella zona ovest – dotati di pronto soccorso con terapia intensiva e di tutti i reparti a supporto dell’emergenza e della cura delle patologie acute. L’Ulss 21 non va dunque depotenziata, la sua dirigenza deve rimanere territorio a garanzia del servizio e dello sviluppo dell’attività sanitaria. E ancira, la riorganizzazione provinciale delle Ulss consideri la pianura veronese ambito naturale e omogeneo per la definizione delle Unità sociosanitarie. Quanto poi alla parte sud-ovest della provincia, servita dall’Ulss 22 di Bussolengo, si chiede un ospedale di rete con 300 posti letto in area medica, chirurgica, riabilitativa, materno-infantile, intensiva e sub-intensiva. Sono queste le proposte che il tavolo tecnico composto da 26 sindaci (in maggior parte di paesi dell’Ulss 21, ma anche della 22 coordinati dal sindaco di Isola della Scala e presidente della Provincia Giovanni Miozzi) sottoporrà nei prossimi giorni al presidente della Quinta commissione Sanità regionale, il padovano Leonardo Padrin. Obiettivo, dare un volto più rispondente alla domanda sanitaria dei cittadini che vivono a valle della città. «Stiamo ancora lavorando alla proposta contenuta nel documento unitario», premette Miozzi, «ma confermo che la Bassa, tutta, non ha servizi adeguati se confrontata con il resto della provincia. Non abbiamo nulla contro il nord, con situazioni territoriali da salvaguardare, tuttavia la Bassa non può sopportare oltre gravi disservizi. Sul resto del documento non dichiaro nulla, dal momento che alcuni particolari non sono ancora definiti». Come mai il documento riunisce sindaci di più Comuni e Ulss che magari in passato si guardavano in cagnesco quando si trattava di definire obiettivi di carattere sanitario? «Perché tutti hanno capito che quello che conta non sono i confini giuridici ma il servizio reso al territorio, che per quanto riguarda la Bassa non ha la giusta considerazione», risponde Miozzi. Se viene dato per scontato il taglio di mille posti letto per acuti in ossequio alla spending review con cui il governo Monti riduce da 4 a 3.7 i letti di degenza per acuti ogni mille abitanti, il documento dei sindaci respinge l’ipotesi accorpamento dell’Ulss 21 di Legnago alla 22 di Bussolengo. I primi cittadini chiedono che i territori da loro amministrati contino di più in termini sanitari. «La pianura veronese rischia la desertificazione sanitaria, non essendo servita, salvo il Legnaghese, da pronto soccorso con terapia intensiva», recita l’incipit del documento. I sindaci bollano poi come «non equa» la diversa presenza di ospedali tra il nord e il sud della provincia: «Ci sono 292.111 abitanti con un solo ospedale attivo, Legnago, e due dal futuro incerto: Isola della Scala e Villafranca. Quattro invece gli ospedali nel nord con 363.483 residenti: Negrar, Peschiera, Bussolengo, San Bonifacio, più altre strutture convenzionate». A sostegno delle funzioni ospedaliere da attivare, per l’Ulss 22 i sindaci invocano servizi poliambulatoriali, punto di primo intervento, 20 posti letto in ospedale di comunità, 40 posti letto in residenza sanitaria assistita a indirizzo riabilitativo, due sale operatorie per la chirurgia di giorno, un hospice da 15 posti letto, sedi di aggregazioni funzionali territoriali con attività ambulatoriali h12, integrate da medici di comunità la notte e i festivi, almeno 30 posti letto per la cura e la degenza di anziani, parte dei quali a sostegno delle case di riposo del territorio. Quanto all’Ulss 21, la bozza del documento premette che i posti letto dell’Ulss legnaghese sono sotto il tre per mille, a fronte dei 4,9 della media provinciale. Come dire, si taglino altrove i mille posti letto considerati eccedenti dalla Regione. Segue la richiesta del riconoscimento di ospedale provinciale per il Mater Salutis di Legnago, poiché «con la dismissione di Nogara, Bovolone e Zevio rappresenta punto di riferimento anche per residenti in Comuni del Padovano e di Rovigo», si legge nel documento. Inoltre vengono richiesti investimenti per la costruzione della piastra operatoria unica e l’unificazione del dipartimento materno-infantile in un unico piano. La proposta per Zevio prevede che il Chiarenzi diventi centro per la riabilitazione intensiva di tipo cardiologico e respiratorio. la conferenza dei sindaci sottolinea poi la disponibilità ad attivare, in via sperimentale, un centro di ascolto a sostegno delle famiglie con bambini disabili. San Biagio di Bovolone: potenziamento delle attività per post acuti, consolidamento della lungodegenza e dell’ospedale di giorno con chirurgia di giorno e ambulatoriale, inserimento di posti letto in ospedale di comunità, attività polispecialistica ambulatoriale, l’attivazione di un centro di medicina generale e di un fulcro per la riorganizzazione dell’assistenza primaria. Stellini di Nogara: attività polispecialistica ambulatoriale anche al servizio di pazienti cronici, centro di medicina generale e per la riorganizzazione dell’assistenza primaria. Disponibilità poi ad accogliere un centro per anziani non autosufficienti attraverso un nucleo di media attività assistenziale, una residenza psichiatrica per pazienti anche da fuori regione, un centro diurno zonale per adolescenti e giovani autistici.
L’Arena – 9 ottobre 2012