Il Corriere del Veneto. Su 26 Pronto Soccorso del Veneto 18 per coprire i turni devono ricorrere alle cooperative, che forniscono personale sanitario (quando non li gestiscono direttamente) anche ai Suem 118 e ai reparti di Medicina e Ginecologia. È l’immediata ricaduta, fotografata da un’indagine della Cimo (sigla degli ospedalieri), della fuga dal sistema pubblico di migliaia di camici bianchi e infermieri. Un esodo dovuto a carichi di lavoro ormai insostenibili, orari senza limite, stipendi decisamente inferiori a quelli garantiti dal privato e dalle coop (dove un turno di 12 ore vale da 600 a 1.000 euro), e nelle pieghe del quale si insinuano «deviazioni» come quella denunciata da «Fuori dal coro» (Rete 4), che proprio nel Veneto ha individuato alcune coop dalla condotta singolare. Una è presieduta da Luigi Buompane, che pur diplomato all’Istituto alberghiero di Aversa seleziona i camici bianchi da inviare negli ospedali veneziani.
«Quello che conta alla fine, quando arriva il curriculum di un medico, è l’iscrizione all’albo — dice —. Ho fatto un po’ di formazione, mi occupo delle risorse umane e i curricula li scelgo insieme a un’altra persona. Ma perché i medici devono essere selezionati da altri medici?»
Per esempio per sapere se abbiano i titoli richiesti, come osserva nel servizio Marco Busato, infermiere e referente Cgil Fpl Venezia: «Non sappiamo come vengano reclutati i camici bianchi dalle cooperative, non c’è un sistema di controllo. La carenza di personale è impressionante, mancano oltre 250 medici e 600 figure del personale del comparto. Non sappiamo chi arriverà, può essere il pensionato, il neolaureato, lo specializzando. Vengono inseriti anche nei reparti critici come Pronto Soccorso, Rianimazioni, Pediatrie, Ortopedie». E parliamo di bandi vinti per valori di 405mila euro, 388.800, 306.600, 348.984, addirittura 3.634.314 euro. «Le cooperative impegnate nella sanità per legge devono avere un direttore sanitario, quindi un medico, che selezioni il personale da inviare agli ospedali — precisa Loris Cervato di Legacoop Veneto —. E i requisiti dei sanitari sono indicati nei capitolati d’appalto. Poi, come in tutti i settori, ci sono i furbetti, agevolati da gare al ribasso che attirano soggetti alle prime armi. Noi li denunciamo all’Ispettorato del Lavoro, anche perché ci fanno concorrenza sleale». In prima linea la Regione. «È in corso un’ispezione negli ospedali che ricorrono alle coop, per verificare la qualità dei servizi in appalto — annuncia il governatore Luca Zaia — ma ricordo che i professionisti in corsia hanno i titoli per curare i pazienti, non ci risulta il contrario. È vero, ci sono pensionati e specializzandi, ma non abbiamo assunto finti medici. Se poi qualcuno trova un’alternativa per colmare la carenza di personale, ce la spieghi». In effetti dall’inizio della pandemia le Usl hanno assunto 7.277 professionisti, ma tanti concorsi, soprattutto per medici, vanno deserti.
«Purtroppo è così, le cooperative stanno vincendo sempre più appalti — conferma Giovanni Leoni, segretario della Cimo — si salvano le Aziende ospedaliere di Padova e Verona, perché possono contare su 14mila specializzandi, quasi il triplo dei cinquemila all’opera prima della pandemia, poiché nel frattempo il ministero della Salute ha aumentato le borse di studio. Le due Università potrebbero mandarne una quota negli altri ospedali per supportarne i reparti, comprese le Chirurgie». Ma perché la corsia non esercita più il fascino di un tempo? «Il trend si è invertito, ora la corsa è dall’ospedale al territorio — spiega Leoni — specialisti del Pronto Soccorso, chirurghi del torace e vascolari hanno preferito riconvertirsi sumaisti (professionisti a gettone, ndr ) o medici di famiglia. Opzione quest’ultima appetibile per tutti i laureati prima del 1995, quando è stato introdotto il corso triennale di medicina generale, che dunque possono saltare per iscriversi direttamente alle graduatorie regionali. E gli ospedalieri trovano subito sistemazione. Il vantaggio è che si lavora con un orario fisso diurno, stando a casa di notte, al sabato, alla domenica e nei festivi. E non è richiesta la reperibilità. I giovani? Il 25% va all’estero, dove trova risorse superiori e uno stipendio tre volte maggiore».
Ma nemmeno in Azienda ospedaliera a Padova si sta troppo bene. «Siamo un centro ad alta complessità eppure abbiamo gli stipendi più bassi del Veneto — sospira Giampiero Avruscio, presidente Anpo (primari ) —. E poi non si tiene conto delle ferie arretrate, gli straordinari non vengono pagati, è volontariato. Se dopo una guardia di 12 ore un medico stimbra un minuto prima della scadenza, salta la retribuzione dell’interno turno. E parliamo di 8 euro lordi l’ora. Se però invece di 12 ore se ne fanno 13 o 14, quelle in più non sono retribuite. Una reperibilità di 12 ore vale un compenso di 20,65 euro lordi. E ciò accade in un momento in cui specialisti non se ne trovano, radiologi e anestesisti sono corteggiati dal privato, mentre chirurghi, medici dell’emergenza e internisti vanno in pensione anticipata e dermatologi, cardiologi, pediatri si spostano sul territorio. Tutto questo a scapito dei malati». Il disagio, esasperato dalla pandemia, è tale che un medico su 5 va dallo psicologo.