«Cariparo ci aiuti per espropri e bonifica». La domanda se la stanno facendo tutti, cittadini e pazienti per primi, da almeno quattro anni: «Ma perchè, se siamo tutti d’accordo su tutto, non si parte?».
A lanciarla nel mezzo del convegno sul nuovo ospedale di Padova organizzato ieri al Centro San Gaetano dall’Ordine dei Medici, il direttore generale dell’Azienda ospedaliera, Claudio Dario. Uomo di poche parole e del fare che, mentre a Padova la cittadella sanitaria del futuro si arenava sulle chiacchiere dei politici, a Treviso ha ristrutturato il Ca’ Foncello e avviato il progetto per un nuovo polo della salute da 200 mila euro nel giro di 20 mesi. «Io sono pronto a partire — ha incalzato l’ex dg dell’Usl 9 della Marca — e la base è costruire con l’Università, le Usl di Padova, Este e Monselice un piano che superi le singole programmazioni di ogni azienda e delinei i compiti di ciascuna nell’ambito dei percorsi diagnostici-terapeutici legati alla nascita di un complesso di cura ad alta specializzazione. Dobbiamo andare avanti, convinti e insieme».
Parole di un medico ai medici, per la prima volta coinvolti in un dibattito dal quale, ha rilevato il segretario regionale dell’Anaao (ospedalieri) Salvatore Calabrese, sono sempre stati esclusi. E proprio l’applaudito sindacalista ha pronunciato un’altra verità innegabile, nonostante i tanti proclami della Regione, che tra una giunta Galan e l’altra Zaia ha annunciato la posa della prima pietra almeno tre volte. «E i soldi? — ha chiesto Calabrese — Non è stato affrontato il problema del finanziamento e noi siamo molto preoccupati se si ricorrerà alproject financing: è pericoloso per il pubblico, a vocazione etico-sociale, far entrare negli ospedali il privato, concentrato sul profitto. Si può lavorare in tandem a patto che le attività sanitarie siano organizzate solo dal pubblico, ma all’Angelo di Mestre il privato ha preso in mano anche laboratorio, Radiologia e una quota parte della Medicina nucleare». «Ecco perchè il 60% dello stanziamento va sostenuto dal pubblico — ha replicato Ivo Rossi, sindaco reggente — e noi siamo pronti ad affrontare oneri che non ci competono, pur di arrivare al traguardo a breve». Però per ora sul fronte economico ci sono due sole certezze: la disponibilità della «Palladio» a entrare nel project e la richiesta avanzata lo scorso novembre dalla Provincia alla Fondazione Cariparo perchè compri il terreno a Padova ovest su cui costruire. «Per noi sarebbe un grande aiuto e la fondazione allargherebbe il proprio patrimonio — ha detto la presidente della Provincia, Barbara Degani — ma si tratta di spendere 30/60 milioni, bonifica inclusa». E infatti si attende ancora risposta.
E poi c’è da superare l’eterno duello ospedalieri-universitari. «Bisogna costruire un University Hospital — ha sentenziato il professor Davide Ferrara, presidente della Scuola di medicina — un modello in cui si passi dal bancone della ricerca al letto del malato. La scuola collaborerà purchè possa partecipare alla progettazione e alla programmazione di un polo che così concepito potrebbe rilanciare Padova come capitale della salute nel mondo». «Gli ospedalieri sono il 60% dei medici al lavoro in azienda — gli ha fatto eco Giustina De Silvestro, presidente dei primari — e i politici non possono ignorarlo. Abbiamo bisogno di nuove strutture, quelle odierne sono obsolete e non più riparabili, però riesumare il vecchio progetto Patavium, a chiara tendenza universitaria, in cui portare anche la preclinica, per noi sarebbe una perdita notevole».
«L’Ordine sarà garante della qualità dell’assistenza — ha chiuso il presidente Maurizio Benato — ma vanno evitati buchi nell’assistenza. Il complesso di Padova ovest dovrà integrarsi col territorio».
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 26 maggio 2013