di Claudio Malfitano, dal Mattino di Padova. I soldi di Padova finiscono in tutto in Veneto. E Verona li usa per la modernizzazione degli ospedali di Borgo Trento e Borgo Roma, che negli anni scorsi hanno già guadagnato risorse e investimenti a scapito di Padova. La decisione è arrivata nell’ultima giunta regionale dell’anno, lo scorso 30 dicembre.
Quando al governatore Zaia non è rimasto altro che prendere atto che i 50 milioni previsti per il nuovo ospedale di Padova nel 2015 non sono stati spesi, anche perché all’epoca non era stata fatta ancora una scelta definitiva sull’area (arriverà il 2 febbraio per San Lazzaro). Perciò i soldi sono stati divisi tra le diverse Usl del Veneto.
Lo stanziamento. Prima però è necessario un passo indietro: nell’aprile 2014 il consiglio regionale decise di attribuire all’azienda ospedaliera di Padova un contributo straordinario finalizzato all’avvio dei lavori del nuovo ospedale: l’importo era di 50 milioni all’anno per il 2014. 2015 e 2016. Non essendo più partiti i lavori già nel 2014 il contributo è stato girato altrove. Lo stesso accade adesso per il 2015. C’è da dire che lo scorso 3 febbraio la quinta commissione che si occupa di sanità in Regione ha confermato il finanziamento di 50 milioni per altri tre anni: 2016, 2017 e 2018. Uno stanziamento rivendicato sia dal Pd («È una nostra importante proposta», ha spiegato il consigliere Claudio Sinigaglia) che dalla Lega Nord («La commissione ha condiviso unanimamente la mia proposta», ha replicato il presidente Fabrizio Boron).
Cosa resta a Padova. Intanto i 50 milioni del 2015 evidentemente non sono stati utilizzati per l’avvio dei lavori del nuovo ospedale. Che fine faranno? La giunta ha deciso di confermare 15 milioni all’azienda ospedaliera. Una parte come contributo per «gli adempimenti di natura istruttoria» per la localizzazione dell’area del nuovo ospedale. Ed «eventualmente anche per interventi sull’esistente, compresa la riqualificazione della Palazzina di Pediatria», si legge nella delibera. ….
Continua a leggere l’articolo del Mattino di Padova
10 febbraio 2016