L’episodio dimostra che quando si entra nel cono d’ombra dell’opacità, a problemi di qualità si possano associare aspetti di sicurezza alimentare. La trasparenza diviene così un requisito fondamentale.
Non solo aspetti di qualità: inizialmente si pensava a farmaco equino, notizia poi smentita. I consumatori vogliono sapere l’origine della carne. Ma il Reg. 1169/2011 deve ancora entrare in vigore. Dopo lo scandalo dei giorni scorsi, quando in un fast food della Burger King è stata ritrovata carne di cavallo in hamburger di manzo, 10 milioni di hamburger sono stati ritirati dal mercato. Un problema di tracciabilità e di frode al consumo, se è vero che veniva spacciata una cosa al posto di un’altra e senza che i consumatori lo sapessero. Ma per qualche giorno c’è stato anche un sospetto- grave – sulla sicurezza alimentare: il Ministro dell’Ambiente, Mary Creagh, aveva infatti enfatizzato come probabile la presenza di un farmaco veterinario potenzialmente cancerogeno per l’uomo – questo in ragione di episodi che in passato legavano la carne equina macellata con il rinvenimento di tale sostanza. Ed è scattata la corsa al ritiro delle partite in tutto il paese.
L’episodio insomma dimostra che quando si entri nel cono d’ombra dell’opacità, a problemi di qualità si possano associare aspetti di sicurezza alimentare. La trasparenza diviene così un requisito fondamentale.
Se è vero che la Food Standard Agency ha smentito tale fatto, spiegando che sono stati rinvenuti 8 casi nel 2012 –nessuno dei quali finito sulle tavole- Burger King ha gettato al macero migliaia di hamburger e deciso di cambiare il proprio fornitore di carne in via volontaria e precauzionale. La maggior parte dei supermercati la settimana scorsa aveva deciso di ritirare hamburger di manzo dagli scaffali.
Tracciabilità
Se quindi la mossa di Burger King ha seguito quella dei supermercati, ha inoltre tenuto conto della decisione della ABP Foods di chiudere un impianto di macellazione a Silvercrest (Irlanda), dopo che le analisi avevano dimostrato ancora per una seconda volta la presenza di carne di cavallo. A sua volta, ABP avrebbe chiamato in causa un terzo fornitore che rifornisce anche l’Europa continentale. Sarebbe questo player la causa della presenza di carne di cavallo. Le indagini sono in ogni caso ancora in corso. E tre al momento gli impianti che la FSA avrebbe trovato come positivi al DNA equino. Come nel caso di Sudan Rosso -proprio in Inghilterra qualche anno fa– , il colorante cancerogeno presente nelle spezie, si è fatta tanta fatica per ricostruire filiere lunghe, complesse, in cui l’opacità regna sovrana. Scoprendo intermediari di intermediari, fino ad arrivare ad 8 anelli complessivi oltre all’importatore. Quel che fa pensare in effetti è che una spezia -come la carne- è un alimento relativamente semplice, sul quale non ci dovrebbe- a rigore di logica- essere filiere così complicate e difficili da ricostruire in caso di problematiche di ritiro alimentare.
Origine
In base al reg. 1169/2011, l’origine della carne diverrà obbligatoria per carne equina, suina, pollame, ovicaprini, a decorrere dal 13 dicembre 2014.
Non è tuttavia ancora chiaro cosa si debba intendere per “origine”, se luogo di ultima trasformazione o invece luogo in cui l’animale è stato allevato. Inoltre, non è chiaro se l’origine si debba intendere come riferita all’Europa in quanto tale, o alla nazione, o ad altro ancora.
Entro 13 dicembre 2013 la Commissione dovrà relazionare al Parlamento europeo e al Consiglio su questi delicati aspetti. Ma intanto i consumatori della BEUC hanno fatto sentire la loro voce: l’origine significa la nazione di provenienza, non ci devono essere inganni.
Inoltre, nel caso di carne usata come ingrediente (ad esempio, negli hamburger), vi sarà la circolazione primi testi della Commissione (art. 26.6) circa le opzioni. Non è ancora chiaro se e come questa dichiarazione in etichetta verrà reso obbligatoria. Ma ci si attende un report entro il 2014.
Un ulteriore, ma non ultimo aspetto da considerare riguarda poi la definizione circa “ingrediente primario” (tale definizione a norma dell’art. 26.3 è rilevante in quanto in caso la provenienza/origine dell’ingrediente primario sia diversa da quella dell’ alimento finale, va sempre indicata). Sempre entro il 13 dicembre del 2013 la Commissione è tenuta a dare un parere in merito.
Ad oggi la situazione è intricata: in Irlanda, la parlamentare Linda McAvan ha sottolineato come l’indicazione dell’origine negli hamburger debba essere data solo se l’hamburger è composto al 99% di carne. Il che rende impossibile per i supermercati sapere cosa è la carne che vendono, e da dove proviene. Addirittura, il 29% della carne presente in “hamburger di manzo” della Tesco era equina.
Quantità degli ingredienti: in etichetta?
In ogni caso, ricordiamo che la indicazione quantitativa degli ingredienti non è la norma in base alla nuova legislazione: all’ Articolo 22 “Indicazione quantitativa degli ingredienti”, si sottolinea come vada espressa solo se l’ingrediente figura nella denominazione di vendita; o nell’etichettatura, anche tramite immagini e grafici, che suggeriscano al consumatore la sua presenza; o se comunque tale ingrediente connota il prodotto finale. La ratio del legislatore è stata quella di usare una logica promozionale: metti la percentuale solo se vuoi promuovere il prodotto. Questo per difendere inutili usurpazioni e rendite di posizione da chi, scommettendo su marketing ed etichette, non si curava di garantire la qualità del prodotto finito (Esempio: pesto genovese con immagine della foglia di basilico= obbligo di indicare la % di basilico sul prodotto finito).
Ma se invece vuoi nascondere la presenza- come può essere stato il caso degli hamburger inglesi- di carne diversa? Qui l’esempio del Tesco-burger è illuminante: volendo fare un quadro ipotetico e immaginando il reg. 1169 già in vigore, il 26% di carne equina- se non “vantata” in etichetta- può continuare a rimanere nascosta. Salvo poi accorgersi nella lista degli ingredienti della sua presenza (ma non quantificata in %). Una norma insomma che richiede accortezza – troppa? – ai consumatori. E che sarebbe bene ri-considerare alla luce dei fatti recenti.
sicurezzaalimentare.it – 30 gennaio 2013