Medici che se ne vanno dalla sanità pubblica, per rientrare in quella privata. Questa dinamica comincia ad avere numeri importanti, complice anche la situazione maturata durante la pandemia. I fattori che favoriscono questo esodo sono sostanzialmente due: i ritmi di lavoro determinati dalla carenza di organico e i compensi. Un medico che lavora nel privato guadagna 100 euro l’ora: ad ogni turno (che è di 12 ore) percepisce 1.200 euro lordi. Il dipendente, invece, guadagna tra i 2.800 e i 3.500 euro netti al mese. Numeri che non possono reggere il confronto, come fa notare il sindacato dei medici ospedalieri Cimo, 800 iscritti circa.
In questo contesto, ha fatto scalpore la scelta di Francesco Corà, primario del pronto soccorso dell’ospedale di Vicenza, che il 14 aprile scorso, all’età di 56 anni, ha firmato la lettera di dimissioni.
La questione è centrale e per questo il presidente Luca Zaia ci mette la faccia e spiega le sue ragioni: “Parliamo di problemi della sanità ma con numeri reali alla mano. E i numeri ci dicono altro. Cito un dato: dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2021 in Veneto ci sono 85 medici dipendenti in più. Anche il saldo tra assunti e dimessi è chiaro: tra il 2021 e questo scorcio di 2022, 1.820 assunti contro 1.744 dimessi”.
La Regione Veneto, attraverso l’assessorato alla Sanità, specifica che questi 1.744 si sono dimessi nel periodo che va da gennaio 2021 ad aprile 2022, quindi in 16 mesi. “Si tratta di cessazioni a qualsiasi titolo”, spiega l’assessora Manuela Lanzarin, quindi anche pensionamenti. “Se guardiamo i dati dei dirigenti sanitari cessati nel 2020 nelle varie regioni, si vede che i dati del Veneto non si discostano da quelli di regioni simili come Piemonte, Campania, Toscana o Emilia Romagna”.
“Anche il ritornello sulle paghe, che sarebbero le più basse d’Italia non corrisponde alla verità” prosegue il Governatore “perché dalle ultime rilevazioni nazionali, sia gli stipendi dei medici che quelli dei dirigenti dei ruoli professionale, tecnico e amministrativo, sono al di sopra della media nazionale: per i medici siamo a 85.285 euro contro una media italiana di 78.766 euro, per i dirigenti tecnici a 82.518 contro la media nazionale di 73.371”.
Da Palazzo Balbi snocciolano numeri per replicare alle critiche: “Solo per l’emergenza Covid, la Regione Veneto ha effettuato 88 assunzioni a tempo indeterminato; 86 a tempo determinato; 2.261 rapporti libero professionali; 385 rientri in servizio di medici pensionati”. Ma Giacomo Possamai, capogruppo del Pd in Regione, attacca a testa bassa. “Il presidente Zaia vive evidentemente su un altro pianeta. Oppure ha scelto deliberatamente di negare la marea di problemi in cui naviga la sanità veneta” osserva “Sicuramente le sue parole non corrispondono in alcun modo alla realtà che ogni giorno cittadini, categorie, sindacati ed organi di informazione denunciano: dall’abbandono di medici di famiglia che le cronache registrano su tutto il territorio, fino alla rinuncia di primari che operano in importanti hub. Per non dimenticare il ricorso alle cooperative private per sopperire alle carenze che stanno mettendo in crisi il fronte dei Pronto soccorso. Il tutto generato da scarsi investimenti, stipendi bassi, turni insostenibili e stress lavorativo. Il diluvio di numeri è una strategia consolidata da parte del presidente, fin dai dati sulla pandemia, ma si scontra con il vissuto quotidiano delle persone”. Considerazioni condivise anche dalle colleghe Vanessa Camani, Anna Maria Bigon e Francesca Zottis, come pure da Jonatan Montanariello e Andrea Zanoni. “In Veneto la spesa del personale per popolazione residente è tra le più basse d’Italia e, rispetto al budget complessivo della spesa sanitaria, la quota del personale è inferiore del 3-4% rispetto a regioni paragonabili come Toscana ed Emilia Romagna”, aggiungono i dem.
Enrico Ferro – Il Mattino di Padova