Al di là della norma che, a leggere la nuova decisione dell’Anac, impedirebbe una immediata applicazione della Severino ai tre presidenti-senatori di Ordini e Collegi resta intatta la questione morale. Per cui non ho alcuna remora a dire perché ritengo “non giusta” qualsiasi norma che neghi il problema dell’incompatibilità
La seconda delibera di Cantone, puntualmente riportata da questo giornale, è stata una delusione inaspettata per coloro che, come me, credono nella moralità pubblica e questo per quattro ragioni:
· con questa delibera quello che ci è stato proposto come un potere sopra i poteri, l’Anac, si è mostrato impudicamente arrendevole nei confronti del potere di Palazzo;
· la delibera fa sorgere dei dubbi sul presidente del consiglio Renzi che l’Anac e quindi Cantone, ha fortemente voluto e quindi sulle sue effettive intenzioni moralizzatrici, non si capisce perché si deve moralizzare il mondo meno gli ordini e i collegi;
· la delibera insinua il sospetto che alla fine rendere compatibili gli incompatibili, a parte accontentare gli appetiti in gioco, è politicamente funzionale ad un obiettivo di controllo sociale del dissenso, cioè il governo è libero di massacrare il lavoro delle professioni perché comunque c’è qualcuno che controlla le professioni;
· la delibera è manifestamente funzionale a risolvere la tribolata questione incompatibilità con un verdetto di insussistenza …con il fine di ammettere come compatibile ciò che per oggettive ragioni politiche è innegabilmente incompatibile.
Ma la delusione più forte è che a vincere in questa faccenda non è l’etica pubblica ma sono le logiche di potere. Sono davvero impressionato della capacità di iniziativa che hanno mostrato i nostri tre re magi nell’intervenire in ogni livello del sistema, in ogni circostanza, in ogni dibattito ovunque questo si svolgesse, per neutralizzare la legge Severino. Cosa mai sarebbe accaduto se questo potere di neutralizzazione fosse stato speso per difendere sul serio gli interessi delle professioni per esempio dalla legge di stabilità?
La delibera Cantone è imbarazzante per le sue manifeste fallace. In virtù di quale ragionamento l’Anac quale autorità legale, permette che gli incompatibili siano giudicati dagli incompatibili? Cioè che sia la Giunta per le elezioni del Senato a dire l’ultima parola sui senatori multitasking? Cantone dimentica che questa commissione al momento di valutare l’eleggibilità dei nostri tre re magi è stata la prima a non applicare la legge Severino. Spera forse in una sua tardiva resipiscenza?
Dopo la delibera Cantone, al Senato presumibilmente si dirà a voce alta e chiara che gli incompatibili sono compatibili e che quindi si deve restituire loro l’onore di cui si è dubitato perché essi per legge nehanno diritto.
Ma l’onore per legge, cari i miei presidenti tutto fare, è una aporia e un paradosso:
· l’onore non si riconosce per legge e se la legge è figlia del palazzo significa che l’onore non è ad personam;
· se l’onore è di palazzo si avrà legalità ma non necessariamente moralità.
Nel mio precedente articolo su questo argomento richiamavo la distinzione di Kant tra “legalità” e “moralità” e sostenevo la tesi che il significato intimo della legge Severino, e quindi della trasparenza, fosse in fondo in fondo quello di rimettere insieme legalità e moralità, cioè la norma con le coscienze (la moralità secondo Kant è garantita dalle coscienze).
Vasti settori della politica hanno dimostrato con i loro problemi di corruzione, con gli abusi, gli arbitri in modo inequivocabile, che la legalità non è garanzia di moralità anzi che spesso la legalità è strumento di immoralità. Dichiarare l’incompatibilità per chi è incompatibile resta un problema morale non legale, e meno che mai legato alle persone.
Si tratta di fare in modo che le coscienze di chi comanda siano morali nulla di più. E’ quindi presumibile che dopo la delibera Cantone il Senato dichiarerà una compatibilità legale in luogo di una incompatibilità a coscienze invariate. Voi pensate onestamente che dopo il parere della commissione le coscienze dei nostri presidenti/senatori quando si dovranno votare provvedimenti contro il lavoro, le professioni, la sanità pubblica, cambieranno?
Sempre Kant a proposito di diritto quale principio di legalità sollevò due domande :quid juris e quid jus (“che cosa è diritto” e“cosa è il diritto”):
· la prima domanda è nella logica “dell’essere” per cui si può dire che la compatibilità che sarà probabilmente sancita dal Senato “è” un principio legale;
· la seconda domanda è nella logica del “dover essere” per cui si può dire che qualsiasi principio legale “dovrebbe essere” anche morale.. .
Se ciò è vero e se la compatibilità tra più incarichi, come dimostrano i fatti, è fonte di una qualche forma di immoralità (non trasparenza, collateralismo con le politiche del governo, ecc) essa non può essere legale…cioè bisogna dichiarare l’incompatibilità. Cioè “non è giusto” dichiarare legale ciò che non può esserlo.
Norberto Bobbio ha inquadrato le questioni sul “cosa dovrebbe essere “la legalità nella “deontologia”. A suo parere la deontologia è la base della “teoria della giustizia”. La “norma giusta” è la chiave della deontologia perché secondo lui i rapporti tra legalità e moralità pongono soprattutto problemi di giustizia. Per essere “giusta” una norma deve derivare il suo essere dal suo dover essere, cioè la legalità non può che essere dedotta dalla moralità perché sarebbe assurdo il contrario.
Per cui non ho alcuna remora a dire perché personalmente ritengo “non giusta” qualsiasi norma che neghi il problema dell’incompatibilità. Una norma del genere sarebbe come scrive Bobbio contro ogni elementare principio deontologico e quindi di giustizia il che, per chi si occupa istituzionalmente di deontologia, come i presidenti di ordini e di collegi, sarebbe davvero un bel paradosso.
Cari signori ci avete mostrato il vostro potere personale…nulla da dire siete forti…ma rivolgendomi alle vostre coscienze … dico loro senza alcun potere se non quello morale della mia coscienza … che non è deontologico, quindi non è giusto, far prevalere l’egoismo sul bene delle professioni che rappresentate, piegare l’autonomia del parlamento a degli interessi personali, svolgere funzioni di controllo politico sui propri rappresentati…non è giusto cioè non è deontologico che chi ha la responsabilità delle deontologie degli altri non sia lui per primo deontologico.
Ivan Cavicchi – QS – 20 gennaio 2015