Se nell’immediata fase post pandemica e nel mezzo della fiammata inflazionistica era stata soprattutto la tenuta del potere d’acquisto la preoccupazione principale della contrattazione nazionale e aziendale, ora a spingere tanto l’interesse delle imprese che dei lavoratori è la gestione del tempo, quindi l’organizzazione dell’orario di lavoro.
Reddito e tempo, dunque, rappresentano le due priorità della negoziazione nell’ultimo biennio. La conferma arriva dal decimo rapporto di Adapt, che per il 2023 ha analizzato e censito 44 contratti nazionali sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil e 440 accordi aziendali. Del resto va in questa direzione anche la trattativa in corso per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici: è sulla riduzione dell’orario o dei giorni di lavoro che si sta concentrando la concertazione, segno di un mercato del lavoro che, coerentemente alle trasformazioni della società, riconosce al potere d’acquisto non solo la leva monetaria ma anche la qualità dell’occupazione.
Ribadisce inoltre l’attualità del dibattito sui tempi di lavoro anche la discussione delle tre proposte di legge sulla riduzione dell’orario presso la Commissione Lavoro della Camera dei deputati. Secondo i dati Ocse in Italia si lavora una media pro capite di circa 33 ore a settimana, sette ore più della Germania e tre ore più della media europea. Più nel dettaglio la questione viene posta in concreto con tre varianti tematiche: riduzione delle ore complessive, riduzione dei giorni a fronte di un monte orario invariato oppure flessibilità nella gestione degli orari.
Su 44 contratti nazionali, 24 intervengono su almeno un istituto connesso all’orario di lavoro. Nella maggior parte dei casi, come ricostruiscono Giorgio Impellizzieri e Francesco Alifano di Adapt, gli interventi puntano ad aumentare le ore di permessi individuali/Rol, spesso con finalità conciliative e per specifiche condizioni soggettive del lavoratore. Molti gli interventi anche in materia di part time, lavoro straordinario e banca ore.
Tra gli accordi più interessanti, spiccano il contratto dei bancari con la riduzione dell’orario normale settimanale da 37 ore e 30 minuti a 37 ore e il contratto della Siae che ha introdotto la smart week, un modello organizzativo, da attuarsi su base volontaria (la prestazione lavorativa è resa per quattro giorni alla settimana, nell’arco di nove ore giornaliere, comprensive della pausa di 15 minuti invece della giornata lavorativa standard, fissata a sette ore e 12 minuti).
Inoltre, su 440 intese aziendali il 25,3% interviene in materia di orario di lavoro. Il dato cambia drasticamente a seconda del settore, con punte dell’80% nel settore alimentare e del 73% nel terziario (distribuzione e servizi). Quanto agli istituti affrontati, tra i più ricorrenti ci sono ferie e festività (nel 43% dei casi), definizione e articolazione dell’orario settimanale (35%), permessi/Rol (35%), turni (20%), orario multi periodale (26%), lavoro straordinario (26%), banca ore (22%), flessibilità in entrata/uscita (20%). Tra i temi più innovativi si segnalano anche la riduzione dell’orario a parità di retribuzione (12%) e l’eliminazione di tutte o alcune timbrature (6%).
Cresce sempre di più anche la richiesta di formazione, con una duplice istanza: il bisogno espresso dal lavoratore che così punta a conservarsi una spendibilità sul mercato e la necessità avanzata dall’azienda per superare la difficoltà nel reclutamento di profili adeguati. In questo senso le esperienze sono plurime ma sostanzialmente si possono individuare, in particolare nella contrattazione aziendale, cinque tipologie di interventi: istituzione/regolazione di organismi paritetici o di momenti di confronto con le rappresentanze sindacali con l’obiettivo di pianificare e monitorare le azioni formative; definizione di principi, contenuti, destinatari e finalità delle azioni formative; incentivi economici; attestazione, certificazione e valorizzazione delle competenze; infine transizioni e ricollocamenti.
Il Sole 24 Ore