Il 25 novembre diventa attuativa la legge 30 ottobre 2014, n. 161, che con l’art. 14 riallinea anche per i medici e il personale sanitario la nostra giurisprudenza agli altri paesi della Ue in materia di orario di lavoro e durata dei riposi. In particolare, la legge prevede come minimo 11 ore consecutive di riposo giornaliero, massimo 48 ore di lavoro settimanale, compreso lo straordinario, 24 ore di riposo settimanale e almeno 4 settimane di riposo annuale. Le Regioni sono in forte ritardo nel riorganizzarsi, come la legge 161 espressamente disponeva, “attraverso una più efficiente allocazione delle risorse umane disponibili sulla base della legislazione vigente”, prevedendo “appositi processi di razionalizzazione delle strutture e dei servizi dei propri enti sanitari”. Le disposizioni di prossima applicazione impongono un ripensamento anche nell’organizzazione dell’attività lavorativa della dirigenza sanitaria, medica e veterinaria.
In Veneto in vista dell’applicazione alcune aziende sanitarie hanno richiesto ai direttori e responsabili di struttura di adottare una serie di adempimenti organizzativi che rendano effettive le prescrizioni di legge, richiamando la disciplina di istituti quali l’orario massimo di lavoro, riposi giornaliero e settimanali, pause. Nel caso di una Ulss in particolare, nella relativa circolare, vengono citate anche le sanzioni derivanti dalla mancata osservanza delle disposizioni normative in materia di orario e riposi. Da qui la nota che FVM (SIVEMP-SMI) ha sottoscritto insieme ad AAROI EMAC, ANAAO-ASSOMED, ANPO-ASCOTI-FIALS MEDICI, CIMO, CISL MEDICI, FASSID (AIPAC-SNR-SIMET), FP CGIL MEDICI e inviato ieri all’assessore Luca Coletto, al direttore generale Domenico Mantoan e a tutte le aziende sanitarie.
“Pare francamente che tale modo di procedere – vi si legge – sia frutto di una malintesa e parziale interpretazione della normativa che non può essere applicata solo per la parte che consente alle direzioni generali di trasferire le responsabilità in capo ai direttori e responsabili di struttura, senza una complessiva ricognizione degli adempimenti generali in tema di orario di lavoro”.
E aggiunge: “Tale disciplina si interseca infatti con gli istituti contrattuali, imponendo una riflessione più generale in materia di orario di lavoro anche al fine di rimuovere pratiche sin qui tollerate dalle aziende e che invece oggi, alla luce della nuova normativa, non possono più proseguire”.
La nota richiama quindi nel dettaglio le disposizioni della Dgr 2464/2006 che detta le linee di indirizzo regionali rispetto all’orario di lavoro della dirigenza medica e che sono state adottate dopo un’attenta disamina delle disposizioni normative contrattuali.
“Si ribadisce pertanto – conclude la nota – che le scelte operate dai responsabili di struttura, in osservanza a tale normativa, qualora comportino riflessi sull’offerta di prestazioni, determineranno a loro volta per le direzioni aziendali e la regione i conseguenti adempimenti anche in ordine al finanziamento delle attività i cui livelli si riterrà debbano essere mantenuti, oppure le conseguenti decisioni organizzative gestionali. Diversamente o gli adempimenti richiesti ai direttori e responsabili di struttura resterebbero inattuati, oppure si scaricherebbe su di loro l’onere di imporre alla dirigenza medica comportamenti in contrasto con le norme di legge e contrattuali, con ciò esponendoli alle sanzioni previste dalla normativa, sgravando (ma solo in parte) da precise responsabilità le direzioni aziendali”. I sindacati firmatari “vigileranno sul rispetto degli enunciati principi i quali, derivando dall’applicazione di accordi liberamente assunti tra le parti, costituiscono preciso obbligo per le aziende”.
Sempre sul fronte delle interpretazioni “arbitrarie” da parte delle aziende sanitarie è intervenuta in questi giorni l’Anaao Veneto che ha chiesto un parere al proprio ufficio legale in merito delle disposizioni impartite da due Dg che hanno considerato l’attività libero professionale intramoenia ed extramoenia da computare all’interno del limite massimo delle 48 ore settimanali lavorative e da considerare agli effetti dei riposi minimi giornalieri (11 ore nell’arco delle 24) nella programmazione dell’orario di lavoro della Dirigenza medica e sanitaria nelle aziende sanitarie da loro dirette. Tali convinzioni e disposizioni dei Direttori generali sono risultate del tutto errate e non suffragate da disposizioni contrattuali e legislative collegate all’argomento orario di lavoro.
“Ai sensi dell’art. 15 quinquies, comma 2, D.lgs. 502/1992, l’attività libero professionale intramoenia deve essere svolta al di fuori dell’orario di servizio – recita il parere dell’avvocato Francesco M. Mantovani – e non rientra quindi tra le attività cosiddette istituzionali la cui organizzazione e? competenza del responsabile della struttura complessa. Pertanto, di tale attività non si tiene conto ai fini del calcolo del riposo minimo che deve intercorrere tra un turno di servizio e l’altro. Del resto, l’esclusione dell’attività intramoenia dall’orario di lavoro discende dalla stessa definizione di quest’ultimo dettata dall’art. 1 D.lgs. 66/2003: “Qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”. Poiché la libera professione, sia in regime di intramoenia, ed a maggior ragione anche in extramoenia, sono svolte nell’interesse dello stesso medico ed esulano dalla prestazione lavorativa istituzionale, deve escludersi che quest’ultimo “sia a disposizione” durante tale attività”.
Da qui una nota della segreteria regionale Anaao alle aziende sanitarie, e per conoscenza ai vertici della sanità regionale, che le diffida “dal promulgare disposizioni in materia non rispettose del dettato legislativo e contrattuale vigente”.
Ma la vicenda ha ovviamente contorni molto più ampi, anche perché l’apertura della trattativa sindacale relativa al rinnovo contrattuale non appare prevista in tempo utile per la scadenza del 25 novembre. In questi giorni a livello nazionale alcune sigle della dirigenza medica, come la Cimo, hanno diffidato le Regioni e l’Aran a convocare i sindacati firmatari del Ccnl 17 ottobre 2008 (art. 7) per aggiornare la trattativa in materia onde dare attuazione alle intervenute nuove disposizioni di legge, ricordando che “i turni di riposo vanno applicati in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale”. E dichiarandosi indisponibili “a soggiacere a una norma che non ne sia rispettosa, riservandosi di segnalare all’autorità di controllo sull’attività lavorativa e giudiziaria ogni deroga applicata autonomamente dalle aziende”.
21 ottobre 2015 (a cura Ufficio stampa Sivemp Veneto)