di Margherita De Bac, il Corriere della Sera. Nuovo aumento di contagi in Europa. Succederà anche in Italia?
«La punta più bassa dei contagi su base settimanale l’abbiamo toccata giovedì 1 luglio con 728 positivi. Da allora è cominciata la ripresa. Ieri la media era di 764. Negli ultimi 4 giorni abbiamo avuto il 10% dei casi in più, circa 80».
Parte come sempre dall’analisi dei numeri Carlo La Vecchia, ordinario di Epidemiologia all’università di Milano. Ma poi analizza in maniera puntuale la situazione italiana rispetto a quella degli altri Paesi. Quindi?
«I dati dicono che la discesa è finita e aspettiamo la risalita. Non parliamo di ondata, però. Potrebbe essere una piccola onda attenuata da circostanze migliori rispetto a quelle del Regno Unito. Ora da noi è piena estate, quando a metà maggio in Inghilterra la curva ha cominciato ad andare verso l’alto la gente stava ancora al chiuso, con un aumento quindi del rischio di trasmissione del virus. All’aperto l’aria circola».
Che altri segnali trarre dall’andamento degli ultimi giorni?
«I ricoveri hanno continuato a scendere sia nei reparti di medicina sia in terapia intensiva. Anche il Regno Unito ha registrato lo stesso fenomeno».
Si può fare una stima della crescita attesa in Italia?
«L’unica certezza è che i contagi saliranno, non si può stabilire con quale rapidità. Lo potremo dire dopo aver visto l’evoluzione dell’epidemia nelle prossime due settimane. Dobbiamo sempre guardare al Regno Unito: a metà maggio erano state somministrate 50 milioni di dosi, quante sono da noi adesso. Quindi è probabile che lo scenario italiano sia molto simile a quello inglese. Però, ripeto, abbiamo dei vantaggi. La stagione calda può aiutarci, darci più respiro e tempo per vaccinare».
La vaccinazione è l’unica ancora di salvezza?
Il rischio di nuove ondate
Non ci saranno più ondate drammatiche, a meno che non compaia una variante resistente
«Non c’è dubbio. I vaccinati con doppia dose sono protetti quasi totalmente dalla malattia grave. Con la prima dose il rischio di sviluppare forme severe di Covid-19 è del 20-30%. Quindi bisogna dare un messaggio forte. Chi non ha cominciato il percorso di immunizzazione si deve sbrigare e prendere l’appuntamento sperando che non ci siano problemi di fornitura dei vaccini».
Condivide il ragionamento del premier Johnson? Ha annunciato la fine delle restrizioni per il 19 luglio pur considerando che ci saranno altri morti da piangere.
«Johnson si è reso conto che il sistema sanitario pubblico può reggere l’impatto dei malati di Covid. Ogni giorno in Inghilterra muoiono circa 2.000 persone, una ventina a causa del virus. Può sembrare un calcolo cinico però il capo di un Paese non può non tener conto delle ripercussioni economiche di certe scelte. In altre circostanze il Regno Unito ha avuto comportamenti originali, ad esempio quando ha deciso di vaccinare con la prima dose il maggior numero possibile di persone, posticipando il richiamo».
Le chiusure hanno funzionato, si può fare un bilancio?
«Il problema è che tutti i governi, compreso quello italiano, le hanno attuate in ritardo, quando i contagi erano al termine della risalita. Credo che sia finita la fase delle chiusure. Siamo lontani da questa prospettiva. In Italia l’incidenza media settimanale di nuovi casi è di 9 su 100 mila abitanti. Per quanto possano crescere non penso si debba tornare a valutare soluzioni drastiche».
Si può affermare che la variante Delta, responsabile dei nuovi contagi, sia meno aggressiva sul piano dei sintomi?
«È presto per dirlo, mancano le conferme. Oggi ad essere colpiti dal virus sono soprattutto i giovani che in genere sviluppano sintomi lievi. Oltretutto i vaccinati sono al riparo dalle forme gravi».
Un messaggio?
«Prepariamoci a convivere con questo coronavirus ancora molto a lungo. Ondate drammatiche non ci saranno più a meno che non compaia una variante resistente ai vaccini».