Sarà il Tar del Lazio a pronunciarsi su «opzione donna», in risposta a un ricorso di class action depositato la scorsa settimana dove si chiede che questa forma di pensionamento anticipato sia consentita a tutte le lavoratrici che maturino i requisiti previsti (57 anni di età e 35 di contributi) entro il 31 dicembre 2015, mentre l’Inps ha di fatto congelato questa possibilità alla fine dello scorso anno.
All’azione collettiva hanno già aderito 500 donne e altre potranno farlo fino al 31 maggio rivolgendosi su Facebook al Comitato opzione donna. La possibilità di un pensionamento anticipato ma con l’assegno interamente calcolato col metodo contributivo (che di regola fa perdere il 20-25% rispetto al retributivo) fu introdotta dalla riforma Maroni del 2004, sperimentalmente «fino al 31 dicembre 2015». Opzione donna consente alle lavoratrici dipendenti di andare in pensione con 57 anni d’età e 35 di contributi (58 anni le autonome) ma con l’importo calcolato col contributivo, appunto. Nel corso degli anni sono via via aumentate le donne che hanno utilizzato l’opzione. Alcune per scelta, molte perché rimaste senza lavoro. Negli ultimi anni sono state più di 8mila l’anno le pensioni di questo tipo liquidate.
Nel 2012, però, l’Inps emanò due circolari che interpretavano la legge Maroni nel senso di includere nei termini di scadenza anche le «finestre mobili» che allora vigevano (12 mesi per i dipendenti e 18 per gli autonomi) accorciando di un anno il termine della sperimentazione. E spiazzando così migliaia di donne, molte delle quali senza lavoro, dice il comitato. Un’interpretazione arbitraria e illegittima, secondo il ricorso presentato al Tar dagli avvocati Andrea Maestri e Giorgio Sacco, che ricordano anche le risoluzioni parlamentari che impegnavano il governo a correggere l’interpretazione dell’Inps ripristinando la scadenza di legge del 31 dicembre 2005.
Il ricorso arriva dopo che lo stesso comitato opzione donna ha presentato lo scorso ottobre la diffida all’Inps prevista dalla legge sulla class action. L’istituto nel frattempo ha dato disposizione ai suoi uffici di continuare ad accettare le domande anche nel 2015 in attesa di indicazioni da parte del ministero del Lavoro. Che però non sono arrivate. Non essendo stata risolta la questione nei 90 giorni previsti dopo la diffida, il comitato ha quindi formalizzato al Tar la class action chiedendo di sancire la nullità delle circolari Inps e disporre che l’istituto e il ministero del Lavoro ripristino in pieno la possibilità di accedere ad opzione donna per tutte le lavoratrici che maturino i requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2015.
La decisione del Tar potrebbe avere influenza sul dibattito sull’opportunità o meno di reintrodurre elementi di flessibilità dell’età pensionabile. Infatti tra i sostenitori di questa tesi c’è anche chi propone di consentire il pensionamento anticipato ma col calcolo interamente contributivo, secondo appunto il modello dell’opzione donna. Del resto la stessa legge Maroni prevede che «entro il 31 dicembre 2015 il governo verifica i risultati della sperimentazione, al fine di una sua eventuale prosecuzione».
Enrico Marro – Il Corriere della Sera – 20 aprile 2015