Anche nel 2018 è confermato il calo del numero degli animali utilizzati per la sperimentazione: 557.426 di cavie utilizzate nel 2018 (nel 2017 erano state poco più di 580mila). Il dato emerge dalle statistiche pubblicate dal ministero della Salute.
“Si tratta, tuttavia, di una lieve flessione che non deve suscitare sostegno o plauso perché le leggi nazionali e il contesto europeo chiedono di andare ben oltre questa piccola riduzione, vedendo il ricorso all’animale autorizzabile “solo se per ottenere il risultato ricercato, non sia possibile utilizzare altro metodo e dando totale priorità a modelli sostitutivi che non prevedono animali” (11 considerando della direttiva 2010/63) con il cristallino traguardo di una ricerca senza animali, goal che continua ad essere tragicamente disatteso nel nostro Paese” commenta la Lav.
Le specie utilizzate e i primati
In aumento criceti, roditori, capre, bovini, polli e pesci. Inoltre, continua ad essere altissimo il numero di primati impiegati nella ricerca, nonostante i rigidi vincoli a cui deve conformarsi il loro utilizzo, e la crescente tutela di questa specie a livello mondiale. Sono 512 le scimmie utilizzate in Italia nel 2018, numero che calpesta ogni evidenza scientifica e giuridica, come dimostra il report3 di un Istituto indipendente olandese, realizzato dietro richiesta del Governo, che definisce l’uso di primati un modello non sostenibile. Di questi 512, oltretutto, solo 2 sono provenienti da colonie autosufficienti, come richiesto dalla Direttiva dell’Unione europea, tutti i restanti vengono tristemente importati da Paesi poveri e noti per caccia illegale e devastazione delle aree boschive come Asia e Africa, fenomeno che deve preoccupare anche alla luce della tragica situazione sanitaria mondiale frutto di uno spillover da specie selvatiche.
Le carenze de sistema
“La direttiva che regolamenta le procedure legate alla ricerca nasce per la ‘protezione degli animali utilizzati a fini scientifici’, scopo che viene puntualmente disatteso – afferma Michela Kuan, biologa, responsabile Lav Ricerca senza animali – Ci troviamo davanti a un sistema che non filtra, controllato da personale interno agli stessi Atenei in cui sono svolte le procedure, comitati in cui mancano figure fondamentali come biostatistici, bioeticisti ed esperti in modelli alternativi, progetti troppo spesso copia e incolla di precedenti e che non trovano applicazioni cliniche, comportando il dolore e la morte di migliaia di animali”.
Del totale di animali nemmeno il 30% viene utilizzato per rispondere a fini regolatori, che quindi prevedono l’obbligo di test animali per legge. Questo dato fa luce sulla realtà del fenomeno “sperimentazione animale”, spacciata come l’unica scelta perseguibile o come un male necessario, ma non lo è: a distanza di 60 anni dalla determinazione scientifica dei metodi alternativi, questi numeri non sono più accettabili.
Animali usati a fini “formativi”
È incredibile, poi – aggiunge la Lav – che siano ancora 1.439 gli animali utilizzati per l’istruzione e la formazione, nonostante nel nostro Paese ci sia il chiaro divieto di procedure didattiche su animali (che prevede deroghe solo per l’alta formazione universitaria), e sia vigente già dal 1993 la legge sull’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale, legge che quasi mai è pubblicizzata, o affissa nelle segreterie, della quale troppo pochi vengono informati, calpestando il diritto dello studente.
C’è inoltre da considerare che questi numeri, già di per sé troppo alti, sono in realtà fortemente sottostimati perché non tengono conto di molte categorie, come gli animali usati già deceduti, gli invertebrati o le forme di vita non completamente sviluppate, destinati a un calvario al termine del quale arriva la morte.
Cosa chiede la Lav
Le statistiche fin qui presentate ritraggono il quadro di un Italia che, nel complesso, non investe nei metodi alternativi. La Lav spiega che “ammontano a soli 2 milioni di euro all’anno per il triennio 2020-2022 i finanziamenti alla ricerca innovativa senza animali”. Per questo – conclude l’organizzazione – ci appelliamo al ministro della Salute Roberto Speranza e ai deputati della Commissione Affari Costituzionali, perché approvino gli emendamenti al Decreto Milleproroghe finalizzati a non posticipare ancora l’entrata in vigore del divieto di test animali per le sostanze d’abuso, e per rendere più importante e non una tantum il fondo pubblico per il sostegno a metodi sostitutivi!”.