Giovanni Emilio Celi. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) pone l’accento sulla correlazione tra l’assunzione di micotossine presenti negli alimenti e nei mangimi e la possibile insorgenza di effetti nocivi di diverso tipo sulla salute umana e degli animali.
Le micotossine (mikes= fungo; toxicum=veleno) sono composti tossici prodotti da diversi tipi di funghi (muffe), appartenenti principalmente ai generi Aspergillus, Penicillium e Fusarium.
In particolari condizioni ambientali, quando la temperatura e l’umidità sono favorevoli, questi funghi proliferano e possono produrre micotossine. Generalmente entrano nella filiera alimentare attraverso colture contaminate destinate alla produzione di alimenti e mangimi, principalmente cereali. Sembra che l’innalzamento delle temperature, dovute al cambiamento climatico, abbia favorito la loro diffusione.
In seguito all’azione lesiva delle micotossine sulle cellule, si possono avere diverse azioni negative per la salute. Nefrotossica, se agiscono sui reni (ocratossine), epatotossica, se agiscono sul fegato (aflatossine), mutagena quando provocano variazioni al materiale genetico (aflatossine), teratogena quando causano uno sviluppo anormale del feto (ocratossine) e cancerogena se inducono tumori (aflatossine, ocratossine e fumonisine). Alcune micotossine sono inoltre immunosoppressive e riducono la resistenza alle malattie infettive con azione quindi immunotossica (aflatossine, ocratossine).
Purtroppo esse sono termoresistenti, non vengono perciò completamente distrutte dalle normali operazioni di cottura, né dai diversi trattamenti a cui vengono normalmente sottoposti gli alimenti nei processi di produzione. Inoltre, le micotossine o loro derivati ancora attivi, possono persistere anche dopo la morte del fungo ed essere quindi presenti quando il prodotto stesso non appare ammuffito.
L’impatto delle micotossine sulla salute dipende dalla quantità di micotossina assunta con gli alimenti, dalla tossicità del composto, dal peso corporeo del soggetto, dalla presenza di altre micotossine e da fattori dietetici. Per stabilire un rapporto di causalità tra l’ingestione di micotossine e una specifica patologia devono essere soddisfatti diversi criteri come l’accertata esposizione alle micotossine, la correlazione fra esposizione e incidenza di una determinata malattia, la riproducibilità dei caratteristici sintomi negli animali da esperimento e una simile modalità di azione nell’uomo e negli animali. Grazie all’uso di biomarcatori e analisi di prodotti alimentari si è evidenziata la connessione tra il loro consumo e le possibili patologie derivanti.
È stata inoltre ampiamente documentata sia la copresenza di aflatossine e fumonisine che la loro maggiore incidenza in alcune parti geografiche.
Ad esempio, in Europa, il mais prodotto nei climi caldi, come in Italia o nel sud della Francia, ha un contenuto di micotossine superiore a quello prodotto in paesi più freddi come la Germania. I consumatori comunque maggiormente esposti al rischio micotossine sono circa 500 milioni di persone localizzate nell’Africa sub Sahariana, in America Latina e in Asia, che assumono tali composti quasi quotidianamente attraverso un’alimentazione a base di arachidi, mais e altri cereali. Esposizione per altro accentuata dal fatto che il cibo di minor qualità viene consumato localmente mentre quello migliore viene esportato, spesso come mangime per animali. In questi paesi perciò l’esposizione nel corso della vita di una persona è di gran lunga oltre i livelli massimi stabiliti dalle normative internazionali. Tutto ciò non avviene nei paesi occidentali, dove le persone e gli animali negli allevamenti vengono protetti dalla legislazione e relativi controlli. Ad ogni modo anche qui il problema non è da sottovalutare ed è bene porre particolare attenzione alle prassi di manipolazione e stoccaggio degli alimenti ed allo sviluppo di eventuali muffe.
Tale emergenza viene evidenziata dallo IARC, che riesaminati gli effetti sulla salute delle aflatossine e delle fumonisine, ribadisce che queste sostanze oltre ad essere una causa di avvelenamento acuto e di tumore, sono anche una probabile concausa degli alti livelli di riduzione del tasso di crescita tra i bambini delle popolazioni più povere.
Il Sole 24 Ore – 13 aprile 2016