È in corso l’analisi delle mutazioni che la fanno sembrare più contagiosa ancora di BA.5 e più capace di superare la barriera di anticorpi creata da vaccini e precedenti infezioni. Il virus continua a cambiare
In questi giorni, però, gli occhi degli studiosi sono puntati su un sottolineaggio che non deriva da BA.5, bensì da BA.2 ed è stato classificato come BA.2.75. È questa una variante con potenzialità per preoccupare e quindi da monitorare da vicino. Si noti che si parla ancora soltanto di pochissimi casi confermati, al 4 luglio una quarantina, ma, a parte un gruppo più numeroso in India, la distribuzione geografica è già internazionale (con Australia, Canada, Germania, UK e Nuova Zelanda che hanno depositato almeno una sequenza), il che farebbe escludere errori di sequenziamento.
L’analisi della variante in questione è stata fatta nel dettaglio da Tom Peacock, virologo del Department of Infectious Disease all’Imperial College di Londra: BA.2.75 possiede 45 mutazioni in comune con BA.5 e 15 peculiari. Tra queste, 8 mutazioni nella spike (BA.5 ne ha «solo» 3). In particolare, differisce in modo apprezzabile rispetto al «genitore» BA.2 con due mutazioni chiave: G446S e R493Q. G446S, sintetizzano gli scienziati del Laboratorio di Evoluzione Proteine e Virus del Fred Hutch (Usa), è in uno dei più potenti siti di fuga dagli anticorpi indotti dagli attuali vaccini che ancora neutralizzano BA.2.
La previsione per BA.2.75 è quindi ancora una maggior facilità a superare la barriera di anticorpi creata dai vaccini o da una recente infezione da Covid. Tuttavia, G446S avrà un effetto minore sugli anticorpi delle persone con una precedente infezione prodotta da BA.1. Pertanto, il vantaggio antigenico di BA.2.75 rispetto a BA.2 sarà più pronunciato nelle persone che non hanno avuto esposizione a BA.1.
Silvia Turin, Il Corriere della Sera