La Stampa. Gli scienziati: «Nessun allarme, ma giusto monitorare». I nuovi studi pubblicati sulle riviste scientifiche: «Buona la risposta dei monoclonali, ma Omicron 4 e 5 aggirano la risposta anticorpale data da vaccini e malattia»
Crescono i contagi, cresce il tasso di positività (ora oltre il 19%) e aumento dei ricoveri negli ospedali. Il Covid, nonostante siamo entrati nella stagione calda non molla la presa e, anzi, dà in più aree del Paese segnali di crescita. Due i motivi essenziali: l’allentamento delle misure di contenimento che facilita la circolazione del virus e, secondo gli ultimi studi, il fatto che la nuova variante Omicron BA5 sia in grado di “bucare” facilmente i vaccini.
Roberto Battiston, professore di fisica sperimentale all’Università di Trento, saggista, esperto analista dei numeri legati alla pandemia sottolinea un altro aspetto: «Abbiamo un indice R(t) che oggi è a 1 in salita e non riusciamo a scendere sotto 600.000 infetti attivi. Sono numeri che potrebbero far pensare ad una nuova ondata in arrivo questa estate». E poi: «I 600 mila infetti attivi potrebbero essere un numero inferiore a quelli realmente esistenti – spiega Battiston –, perché c’è probabilmente un numero molto crescente di persone che gestisce la malattia con un fai da te e sono fuori statistica».
Omicron BA5 più contagiosa
Secondo quanto emerge dagli studi più recenti, Omicron BA5 presenta un tasso di contagiosità decisamente più elevato rispetto alle varianti passate. Per ora quindi, la situazione è sotto controllo: il punto, però, è se mai si dovesse incontrare una variante non solo così contagiosa, ma anche più virulenta. Anche i sintomi sono diversi rispetto a quelli che venivano identificati in passato. Ecco cosa dicono gli esperti in base agli ultimi studi e alle evidenze sui pazienti. «I contagi da Omicron BA.5, infatti, si manifestano molte volte come un “banale” raffreddore. Più raramente si segnalano perdita di gusto e d’olfatto, tipiche delle prime varianti del virus Sars-CoV-2».
Una variante da monitorare
«La nuova variante Omicron – dice Giovanni Di Perri, responsabile del Reparto Malattie Infettive dell’Amedeo di Savoia – è ormai evidente, colpisce la parte alta dell’apparato respiratorio». Insomma, la nuova forma di Sars Cov2 sembra diventata endemica, abbiamo imparato a conviverci ma non dobbiamo abbassare assolutamente la guardia. I contagi, infatti, continuano a salire e sarà necessario sondare la risposta dei vaccini non solo a settembre e ottobre, quando terminerà la stagione calda, ma già nel corso dell’estate.
Il campanello d’allarme è il naso
Ad inquadrare quelli che sembrerebbero i sintomi più comuni per chi ha contrae oggi il Covid 19 è Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano. «I sintomi delle infezioni causate dalla variante Omicron BA.5 sembrano essere più lievi» spiega Pregliasco. «I primi dati indicano che questa sottovariante tende a replicarsi nelle prime via aeree. I sintomi sembrano quindi essere molto simili a quelli di un raffreddore», aggiunge. Quindi, naso che cola e qualche giorno di febbre. Così come le varianti Omicron, quindi, anche quest’ultima è caratterizzata da una serie di mutazioni che rendono il virus meno infettivo nei polmoni. «Ma questo non vuol dire – continua – che non possa causare forme più gravi, ma sembra essere meno probabile», precisa Pregliasco. La durata dei sintomi è discretamente breve, intorno ai 4 giorni. Lo afferma uno studio pubblicato su Santé Publique France che ha confrontato i sintomi osservati nei primi casi di Omicron, con riferimento quindi alla variante BA.1, in Francia con i nuovi casi di BA4 e BA5 della primavera 2022. Ai soliti sintomi si aggiungono i problemi di affaticamento, tosse, febbre e mal di gola. Mentre i casi osservati suggeriscono che la durata dei sintomi è in media di 4 giorni. La malattia, insomma, dura meno. E la conferma arriva da un altro rapporto pubblicato su The Lancet che ha messo a confronto questa variante con la Delta, molto più “cattiva” e di durata più lunga.
I vaccini non fanno da scudo
Secondo un approfondito lavoro pubblicato su The Nature «le persone infette dalla prima versione della variante Omicron del Coronavirus, identificata per la prima volta in Sud Africa a novembre, potrebbero essere vulnerabili alla reinfezione con le versioni successive di Omicron anche se sono state vaccinate» E, tutto questo, suggerisce «la necessità di ulteriori approfondimenti». «I pazienti vaccinati e colpiti da Omicron BA.1 hanno sviluppato anticorpi che potrebbero neutralizzare il ceppo originale del virus – dicono gli scienziati nello studio pubblicato su The Nature -, ma a preoccupare sono i sottolineaggi di Omicron che continuano a circolare». Lo spiega anche uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicin. Motivo: secondo lo studio queste sottovarianti «hanno mutazioni che consentono loro di eludere quegli anticorpi». Omicron BA4 e BA5 sono «le sottovarianti che attualmente stanno causando la maggior parte delle infezioni negli Stati Uniti». Quei nuovi sottolineaggi «eludono in particolare gli anticorpi neutralizzanti provocati dall’infezione e dalla vaccinazione da SARS-CoV-2». Sono gli ultimi risultati dei ricercatori. Dati che indicano un altro dato: «i farmaci anticorpali monoclonali Bebtelovimab di Eli Lilly e Cilgavimab, un componente di Evusheld di AstraZeneca, possono neutralizzare efficacemente BA.2.12.1 e BA.4/BA.5. Ma i booster vaccinali basati sul virus BA.1, come quelli in fase di sviluppo da Pfizer/BioNTech e Moderna, potrebbero non ottenere una protezione ad ampio spettro contro le nuove varianti di Omicron».
Un virus diverso
Per fortuna le nuove sottovarianti sono cosa ben diversa dal primo ceppo del virus e dalla successiva variante Delta. Ed è il motivo per il quale tutti gli scienziati sono concordi nel dire che «ora non esistono allarmi» ma «che comunque la situazione va monitorata».