Il Piano approvato dall’Anac indica una serie di misure finalizzate a preservare il Ssn dal rischio di eventi corruttivi e per innalzare il livello globale di integrità, di competenza e di produttività del sistema. Anche gli Ordini sono tenuti a ossevare la disciplina in materia di trasparenza e prevenzione. “Le misure indicate costituiscono possibili soluzioni organizzative per preservare il Servizio Sanitario Nazionale dal rischio di eventi corruttivi e per innalzare il livello globale di integrità, di competenza e di produttività del sistema sanitario nazionale a partire dall’aumento dell’efficacia e dell’efficienza delle singole unità operative in cui si articola”. Così si apre il capitolo che il nuovo Piano nazionale anticorruzione 2016, approvato dall’Anac, dedica al settore sanità. Per raggiungere questi obiettivi si richiede però “un forte investimento formativo, soprattutto sugli RPCT (responsabili della prevenzione della corruzione) e, a cascata, su tutti coloro che intervengono nei processi di costruzione ed attuazione delle azioni dei PTCP (i piani anticorruzione)”. Il testo
Ciò affinché tutti i soggetti “siano in grado di utilizzare al meglio le misure e le indicazioni contenute nel PNA per realizzare il livello di equilibrio ottimale fra i due pilastri: la realizzazione piena delle finalità istituzionali di un’azienda sanitaria, da cui dipende il livello di salute di una popolazione, e il contrasto ai tentativi e/o ai fatti corruttivi che si oppongono o ne ostacolano il perseguimento”.
Si passa poi al capitolo acquisti. Qui vengono richieste misure specifiche per una corretta gestione dei conflitti potenziali e/o effettivi.
Queste le possibili misure elencate:
– adozione di documenti strategici finalizzati a facilitare l’implementazione coordinata di misure preventive che agiscano contemporaneamente sul piano della sensibilizzazione e della responsabilizzazione degli attori coinvolti;
– ? predisposizione di una modulistica per le dichiarazioni di assenza di conflitti di interesse e definizione di apposite procedure per la raccolta, tenuta ed aggiornamento di tali dichiarazioni;
– ? formazione dei professionisti coinvolti mediante moduli dedicati alla gestione dei conflitti di interesse;
? informazione puntuale e tempestiva degli operatori coinvolti, ad esempio mediante l’adozione e diffusione di documenti esplicativi che facilitino –
– l’autovalutazione delle situazioni personali e relazionali con riferimento al contesto in cui ciascun soggetto si trova ad operare (in una Commissione giudicatrice, in un Collegio tecnico per la stesura degli atti di gara, ecc.).
Viene inoltre richiesto un rafforzamento della trasparenza con la predisposizione di un set di dati da pubblicare sul sito istituzionale delle stazioni appaltanti e un set di dati minimi da riportare nella determina a contrarre, nel contratto e in tutti gli ulteriori atti connessi all’appalto (atto di proroga, di rinnovo, di variante, ecc.), con un duplice livello di controllo del rispetto di tali misure da parte sia del RPCT sia del collegio dei revisori aziendali.
Alle Regioni viene suggerito di dotarsi di uno strumento operativo di rilevazione dei dati finalizzato ad implementare una banca dati utile, anche per le centrali di committenza, per la definizione del piano triennale dei fabbisogni e il piano annuale degli acquisti, nonché per le attività di pianificazione e controllo delle performance gestionali delle Aziende sanitarie e degli enti del Ssn.
Quanto alle nomine a direttore di dipartimento, al fine di garantire comunque il prevalere dei profili di merito nell’attribuzione del suddetto incarico, le aziende sanitarie dovranno orientare le opportune misure di prevenzione al rafforzamento della trasparenza, avuto riguardo delle seguenti indicazioni:
a) esplicitazione, all’interno degli atti del procedimento, della conformità dello stesso alle previsioni dell’atto aziendale ed agli indirizzi di programmazione regionale;
b) predeterminazione dei criteri di scelta e, ove non sussista apposita disciplina regionale, ai sensi dell’art. 17 bis, co. 3, del d.lgs. 502/1992, esplicitazione delle modalità di partecipazione del Comitato di dipartimento alla individuazione dei direttori di dipartimento;
c) esplicitazione, negli atti relativi al procedimento di nomina, della motivazione sottesa alla scelta in relazione ai requisiti professionali, ai compiti affidati e alla pregressa performance della struttura dipartimentale, al fine di delineare il perimetro di valutazione rispetto anche al
raggiungimento degli obiettivi di miglioramento che la struttura si pone;
d) pubblicazione degli atti del procedimento con evidenziazione di quanto previsto ai punti a) e b).
Per la nomina a direttore di distretto sanitario o di presidio ospedaliero si auspicano, invece, le seguenti misure di prevenzione:
a) avvio di procedura selettiva attraverso avviso/bando pubblico in cui siano esplicitati i requisiti previsti dalla normativa vigente nazionale ed eventualmente regionale;
b) costituzione della commissione selezionatrice;
c) predeterminazione dei criteri di selezione;
d) esplicitazione, negli atti relativi al procedimento di nomina, della motivazione sottesa alla scelta in relazione ai requisiti di partecipazione e ai criteri di selezione di cui ai rispettivi punti a) e c);
e) pubblicazione degli atti del procedimento.
Si passa poi alle misure di rotazione del personale. “Il ricorso alla rotazione – si legge – può concorrere, come anche indicato nella parte generale del PNA, insieme alle altre misure di prevenzione, a prevenire e ridurre, evitando il determinarsi di possibili fattori di condizionamento, eventuali eventi corruttivi con particolare riferimento alle aree a più elevato rischio. Per le considerazioni di cui sopra, la rotazione va vista prioritariamente come strumento ordinario di organizzazione ed utilizzo ottimale delle risorse umane, da non assumere in via emergenziale o con valenza punitiva e, come tale, va accompagnato e sostenuto anche da percorsi di formazione che consentano una riqualificazione professionale”.
Tra le aree di “rischio specifiche” rientrano anche rapporti tra le regioni/aziende sanitarie con gli erogatori privati di attività sanitarie. “Nel presente approfondimento – si legge – il PNA intende richiamare l’attenzione delle regioni e delle aziende sanitarie su tutte le singole fasi del processo che conduce dall’autorizzazione all’accreditamento istituzionale, a partire dall’autorizzazione all’esercizio fino alla stipula dei contratti. Si forniscono al riguardo possibili ulteriori misure organizzative da introdurre per prevenire fattori distorsivi e/o condotte devianti rispetto al perseguimento dell’interesse pubblico generale, favorite anche dalla carente o assente trasparenza delle procedure autorizzative e/o dalla mancata standardizzazione degli strumenti e dei metodi nella conduzione, ad esempio, delle attività negoziali e/o nell’esecuzione delle attività ispettive”.
Infine, un capitolo ad hoc viene dedicato agli Ordini e collegi professionali, dove si spiega che “sono tenuti a osservare la disciplina in materia di trasparenza e di prevenzione della corruzione nonché gli orientamenti del presente PNA, secondo quanto previsto dal d.lgs. 97/2016 ed, in particolare, dagli artt. 3, 4 e 41 che hanno modificato, rispettivamente gli artt. 2 e 3 del d.lgs. 33/2013 e, tra l’altro, l’art. 1 c. 2 della l. 190/2012”. Con particolare riguardo alla trasparenza’art. 2-bis del d.lgs. 33/2013 al comma 2 “precisa che la medesima disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni si applica anche agli ordini professionali, in quanto compatibile. Premessi i limiti di compatibilità indicati, non sussistono pertanto più dubbi che gli ordini professionali rientrino nel novero dei soggetti tenuti a conformarsi al d.lgs. 33/2013. A tale riguardo, peraltro, all’Autorità è stato attribuito il potere di precisare, in sede di PNA gli obblighi di pubblicazione e le relative modalità di attuazione in relazione alla natura dei soggetti, alla loro dimensione organizzativa e alle attività svolte, prevedendo in particolare modalità semplificate anche per gli organi e collegi professionali”.
“Analogamente, agli ordini e ai collegi professionali si applica la disciplina prevista dalle l. 190/2012 sulle misure di prevenzione della corruzione. In virtù delle modifiche alla l. 190/2012, si evince che il PNA costituisce atto di indirizzo per i soggetti di cui all’art. 2 bis del d.lgs. 33/13, ai fini dell’adozione dei PTPC o delle misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del d.lgs 8 giugno 2001, n. 231 (co. 2-bis, inserito all’art. 1 della l. 190/2012)”, si spiega nel documento.
Alla luce di tutto ciò, al fine di orientare l’attività degli ordini e dei collegi professionali di livello centrale e territoriale, nel Piano vengono approfondite le seguenti questioni relative a profili di tipo organizzativo e di gestione del rischio:
-? RPCT e adozione del PTPC e delle misure di prevenzione della corruzione;
-? aree di rischio specifiche che caratterizzano gli ordini e collegi professionali;
-? trasparenza di cui al d.lgs. 33/2013.
Quotidiano sanità – 7 agosto 2016