L’obiettivo è chiaro, e nelle intenzioni dei sindacati suona come un aumento medio a regime da 85 euro mentre in quelle dichiarate dal Governo diventa una disponibilità a «massimizzare» le risorse a disposizione dei nuovi contratti del pubblico impiego. Meno immediati sono gli strumenti per arrivare a un accordo e sbloccare le trattative congelate da sette anni, al centro dell’incontro in programma oggi fra il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia e i sindacati confederali.
Il punto chiave è rappresentato ovviamente dalle risorse a disposizione dei nuovi contratti, oggi “confuse” nel maxi-fondo da 1,48 miliardi nel 2017 e 1,93 dal 2018 che servirà anche a finanziare nuove assunzioni e la conferma degli 80 euro per militari e forze dell’ordine. Un emendamento alla legge di bilancio chiede al governo di dettagliare le diverse voci del fondo entro 90 giorni, ma per far partire davvero il confronto nel merito le cifre dovranno emergere prima.
Al momento, escludendo i 510 milioni che servono al bonus da 80 euro e i fondi (qualche decina di milioni l’anno prossimo) per le assunzioni, a disposizione dei nuovi contratti ci sono per l’anno prossimo quasi 1,2 miliardi, cioè 700 milioni per le buste paga al netto di tasse e contributi. A regime, però, si arriverebbe nel 2018, ma qui l’orizzonte delle risorse a disposizione è ancora più nebuloso perché in gioco entrano sia il promesso “riordino delle carriere” nel comparto sicurezza sia le incognite sulle nuove assunzioni. Gli attori della partita hanno guardato con interesse all’aumento da 1,1 miliardi deciso proprio per il 2018 nella legge di conversione del decreto fiscale grazie all’allargamento della rottamazione delle cartelle, ma questa mossa può rappresentare solo una premessa perché lo stanziamento è una tantum mentre ai contratti serve un finanziamento strutturale.
Più semplici, almeno sulla carta, gli altri due temi sul tavolo dell’incontro di oggi, che ha sollevato le critiche dei sindacati autonomi perché l’invito è arrivato solo ai confederali. Oltre ai soldi, per riavviare i contratti occorre rivedere la riforma Brunetta, che ha fissato in legge una serie di materie prima affidate al confronto con i sindacati e soprattutto ha imposto la griglia rigida della produttività, che lascerebbe automaticamente a secco di “premi” un quarto dei dipendenti pubblici rendendo più amaro del previsto il rinnovo contrattuale per quasi 800mila persone. Sul punto si registra già una certa condivisione fra Governo e sindacati, ma la traduzione concreta di questa prospettiva si avrà solo con il testo unico del pubblico impiego. La strada, allora, potrebbe essere quella di un pre-accordo, sul modello di quanto accaduto prima della manovra sulle pensioni, ma a meno di sorprese quella di oggi sarà solo una prima tappa verso il traguardo.
Il menu della giornata resta comunque ricchissimo, perché oggi pomeriggio è atteso il via libera in Consiglio dei ministri per i cinque decreti attuativi della delega Pa su dirigenti, Camere di commercio, servizi locali, Scia-2 ed enti di ricerca (si veda Il Sole 24 Ore di martedì).
G.Tr. – Il Sole 24 Ore – 24 novembre 2016