È la ricetta di un antibiotico a far saltare la mosca al naso di una paziente. Alla luce della segnalazione vengono fuori gli interventi non legittimi compiuti da un odontotecnico. A pagarne le conseguenze è anche il dentista responsabile dello studio: lui ha provveduto alla ricetta, sopperendo alle carenze del collaboratore, e quindi era cosciente dell’abuso.
Il caso
Studio professionale riconosciuto, e legittimo, con un ospite, però, abusivo…ossia un odontotecnico che si improvvisa odontoiatra. Logica la condanna penale, conseguente – come da Cassazione, sentenza 18154/12 – il coinvolgimento del responsabile dello studio, il quale non poteva «non sapere»… A far scoppiare il bubbone è, paradossalmente, un antibiotico. Per quale ragione? Perché a prescriverlo è il titolare dello studio dentistico, a cui è stata chiesta questa operazione burocratica dal professionista – presunto – che ha lavorato sui denti di una paziente. E a quest’ultima lo strano «giro» non piace per nulla… Difatti, la giustizia raccoglie la segnalazione della donna: l’uomo che l’ha operata è un odontotecnico, non un odontoiatra. Conseguente la condanna, per esercizio abusivo della professione, sia in primo che in secondo grado. Ma a rimetterci le penne è anche il titolare dello studio, odontoiatra a tutti gli effetti… Corresponsabile. Difatti, a quello che risulta essere titolare dello studio viene addebitata una «responsabilità di tipo concorsuale», soprattutto alla luce dell’episodio denunciato dalla paziente e che ha dato il la alla vicenda giudiziaria. Ma sono comunque entrambi i professionisti, finiti sotto accusa, a contestare la pronuncia di condanna emessa a loro carico in secondo grado. Due i cardini – nell’ambito del ricorso in Cassazione –: la valutazione dell’attendibilità del racconto fatto dalla paziente; il peso attribuito alla corresponsabilità del titolare dello studio. Per i giudici della Cassazione, però, nessun appiglio è possibile per una rivisitazione della vicenda. Innanzitutto, perché le dichiarazioni rese dalla paziente sono assolutamente attendibili, al di là di alcune incongruenze, e hanno portato alla identificazione precisa dell’odontotecnico «travestitosi» da odontoiatra. E poi, acclarata è da considerare anche la responsabilità del titolare dello studio, perché, proprio alla luce del racconto fatto dalla paziente, è evidente la «conoscenza dell’attività abusiva svolta dal suo collaboratore».
La Stampa – 6 agosto 2012