Troppe tasse in busta paga, denuncia l’Ocse. E l’Italia è uno dei Paesi maggiormente sotto accusa da parte dell’organizzazione parigina.
Con un cuneo fiscale del 46,9% (era del 46,5% nel 2009) occupa infatti la quinta posizione nella classifica 2010 dei single senza figli, superando l’Ungheria (scesa al 46,4%) e collocandosi alle spalle di Belgio (55,4%), Francia (49,3%), Germania (49,1%) e Austria (47,9%). L’ultimo posto è occupato dal Cile (7%). La media dei 34 Paesi dell’Ocse è del 34,9 per cento.
Situazione ancora peggiore per quanto riguarda le famiglie monoreddito con due figli. L’Italia è in terza posizione, alle spalle solo di Francia (42,1%) e Belgio (39,6%), seguita a una lunghezza dalla Svezia (37,1%). Con la Nuova Zelanda in fondo alla classifica e una media Ocse del 24,8 per cento.
Nella scomposizione del cuneo fiscale l’Italia è poi drammaticamente quarta per il peso degli oneri sociali a carico dei datori di lavoro. Nella classifica dei single senza figli, che l’Ocse utilizza come scenario di riferimento, è al 24,3%, dietro alla Francia (29,7%), all’Estonia (25,6%) e alla Repubblica Ceca (25,4%). La media Ocse è del 14,2 per cento.
Certo, questi indicatori da soli rischiano di essere fuorvianti. Basti dire che proprio la Francia, in testa a queste classifiche, continua a essere un Paese di forte richiamo per gli investimenti esteri e la stessa Ocse, in un recentissimo rapporto, l’ha citata ad esempio per le politiche di sostegno alla famiglia.
È difficile sostenere, limitandosi a queste rilevazioni, che in Cile si campa meglio che in Germania perché il cuneo fiscale è infinitamente più basso. Bisogna insomma vedere cosa c’è, in termini di servizi e di agevolazioni varie, dietro questi dati sulla pressione fiscale
Ma i numeri sono comunque rivelatori di una situazione. E di una tendenza. L’Ocse sottolinea per esempio, con preoccupazione, che tra 2009 e 2010 il carico fiscale sui salari è cresciuto in 22 dei 34 Paesi membri. Interrompendo un processo, sia pure lento e graduale, in senso inverso.
È il caso, almeno in parte, dell’Italia. Tra 2000 e 2010, con la sola eccezione dei single, la pressione fiscale è diminuita, pur restando in media superiore di 11 punti a quella dell’Ocse: dal 29% al 27,2% per un solo genitore a basso reddito con due figli (Ocse dal 18,8% al 15,8%); dal 39% al 37,2% per una famiglia monoreddito con due figli (Ocse dal 27,4% al 24,8%); dal 44% al 42,1% per una famiglia con due redditi e due figli (Ocse dal 32% al 29,8%). Il problema è che nell’ultimo anno c’è stato invece un aumento, nell’ordine dello 0,2% medio.
L’Ocse sollecita quindi tutti i Paesi a diminuire il cuneo fiscale, che frena le assunzioni da parte delle imprese, e optare per un inasprimento della tassazione indiretta, dall’Iva alle imposte sugli immobili.
A maggior ragione quando, com’è ancora il caso dell’Italia, le retribuzioni sono basse: 25.155 dollari all’anno netti (35.847 lordi) in media per un single senza figli. Un dato che ci colloca al ventiduesimo posto, grazie al sorpasso sulla Grecia, rispetto a una media Ocse di 26.436 dollari e una media Ue di 30.089. Ben sapendo, anche in questo caso, che si tratta di cifre da prendere in maniera indicativa per le tante variabili che vanno a incidere su simili statistiche.
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