Tonia Mastrobuoni. Dobbiamo rimetterci in piedi da soli, trovare il modo di stimolare la crescita senza confidare troppo sulle esportazioni verso i Paesi emergenti: quel traino si sta affievolendo ovunque.
E, pur apprezzando gli sforzi sulla riduzione del cuneo fiscale e l’impegno a fare una seria revisione della spesa pubblica, il sentiero di discesa del debito disegnato dal governo Letta, deteriorato proprio dalla debolezza congiunturale, è troppo timido. Andrebbe accelerato con una manovra correttiva.
Questo il messaggio di fondo sull’Italia contenuto nel rapporto dell’Ocse diffuso ieri, in cui sono stati rivisti in peggio i principali indicatori dell’economia del mondo. Il Pil globale salirà del 2,7% quest’anno e del 3,6% l’anno prossimo contro il 3,1% e il 4% stimati a maggio. Presentandolo a Parigi, il segretario generale Anguel Gurrìa è ricorso ad un’immagine efficace: «il motore dell’economia globale non ingrana bene le marce».
Sull’Italia le previsioni sono più pessimistiche, sia rispetto alla Ue e al Fmi, sia a quelle del governo. Quest’anno la recessione raggiungerà l’1,9%; l’anno prossimo torneremo a crescere, e l’Ocse ha addirittura migliorato la stima di un decimale rispetto a maggio, allo 0,6% – lontanissimo, però, dall’1% preventivato dal governo. Secondo il rapporto la morsa dell’aggiustamento dei conti pubblici «si allenterà» e si osserverà anche «una ripresa degli investimenti»; ma la debolezza economica «resta forte».
Nel nostro Paese, ha osservato il capoeconomista PierCarlo Padoan, «ci sono tutte le condizioni perché si innesti un circolo virtuoso» che incida sui conti e sul Pil, grazie alle «misure già annunciate» e «la linea indicata» dal governo. L’azione «va nella direzione che l’Ocse ha sempre indicato», ossia «tagliare le tasse dove è più efficace, sul lavoro, e per farlo tagliare le spese con una spending review».
La disoccupazione, però, tenderà a peggiorare, salirà al 12,4% dal 12,1% di quest’anno, per scendere di nuovo alla quota attuale nel 2015. Il dato occupazionale reagisce sempre in ritardo rispetto all’andamento economico, in più in Italia la cassa integrazione provoca un ulteriore ritardo nell’assorbimento dei senza lavoro perché prima vengono “scongelati” i lavoratori in cig. L’Ocse spiega infatti che la quota «è destinata a restare alta, in quanto è probabile che l’impatto dell’aumento della domanda si traduca inizialmente in un incremento dell’orario di lavoro medio delle persone già occupate».
Il recupero della nostra economia sarà lento, come si legge nel rapporto, ancora una volta «sostenuto dalle esportazioni, che dovrebbero accelerare ulteriormente nei prossimi due anni grazie all’aumento della domanda esterna». L’anno prossimo, spiega l’Ocse, sarà però «fondamentale» proseguire sulla via delle riforme strutturali, allentando in particolare l’enorme peso fiscale che grava sul lavoro. E un’incognita che oscura le prospettive di recupero è la stretta del credito, ma anche il costo, «notevolmente» più alto che in altri Paesi.
Analizzando le finanze pubbliche, i progressi sul versante del disavanzo, che dal 3% di quest’anno dovrebbe scendere al 2,8% nel 2014 e al 2% e nel 2015, ci sono. Ma il tallone d’Achille dei nostri conti, il debito, continuerà a salire a causa della debolezza congiunturale: dal 145,7% del Pil nel 2013 si passerà, nelle stime, al 146,7% nel 2014 per poi tornare al 146,1% nel 2015. Cifre che, secondo gli economisti parigini, richiedono un «consolidamento fiscale almeno pari a quanto programmato».
Infine, sul recente taglio dei tassi della Bce, Padoan ha espresso un parere positivo e, anzi, ha invitato l’Eurotower «ad adottare nuove misure non convenzionali per scongiurare la deflazione». I rischi di una caduta generalizzata dei prezzi nell’eurozona, ha sottolineato, «sono lontani, ma non inesistenti». E da Francoforte, dopo il capoeconomista Praet, anche il vicepresidente Constancio ha ammesso che il quantitative easing, l’acquisto illimitato di titoli, è un’ipotesi che esiste, almeno.
La Stampa – 20 novembre 2013