Paolo Russo. Per iscrivere i figli all’asilo o alle elementari il prossimo anno scatterà «l’obbligo di certificazione dell’avvenuta effettuazione delle vaccinazioni», che attesti di essere in regola almeno con quelle obbligatorie. Ossia difterite, tetano, poliomielite ed epatite B. È scritto nero su bianco a pagina 11 del nuovo Piano nazionale vaccini, che ripristina il vecchio obbligo.
Il via libera definitivo delle Regioni è atteso il prossimo 20 ottobre. Ma il dado sembra tratto. Anche perché sulla sua proposta il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha già incassato il via libera di pediatri, Istituto superiore di Sanità, magistrati e degli stessi assessori regionali alla Sanità. Allarmati come tutti dal calo delle coperture vaccinali. In molti casi scese al di sotto di quella soglia minima del 95% considerata di sicurezza dalla comunità scientifica internazionale.
«Bisogna che l’accesso alla scuola pubblica sia coerente alle vaccinazioni obbligatorie. Il diritto alla salute è costituzionale come quello agli studi», dice a chiare lettere il coordinatore degli assessori regionali alla Sanità, l’emiliano Sergio Venturi. Di reintrodurre l’obbligo di vaccinazione per le scuole primarie parla anche il disegno di legge fresco di firma del deputato Pd Filippo Crimi. Anche se il ritorno al passato avverrà quasi sicuramente per le vie brevi del «Piano nazionale di prevenzione vaccinale».
Il prezzo dell’operazione è già stato fissato: 200 milioni. Molti meno di quel che costa al servizio sanitario la fuga dai vaccini. Solo per la meningite 47 milioni che si sarebbero potuti risparmiare immunizzando bene la popolazione, ha calcolato la Società di pediatria. Basta moltiplicare per i 12 vaccini tra «raccomandati» e «consigliati», che la cifra sale sopra il mezzo miliardo.
Ma il Piano della Lorenzin, che sarà presto «bollinato» dalle Regioni, promette anche di porre fine alla babele regionale delle vaccinazioni, dove quel che si paga da una parte è gratuito o soggetto a ticket dall’altra. Un unico «calendario della vita», com’è stato battezzato dai pediatri, metterà fine all’attuale giungla.
Corsi di aggiornamento, per sconfiggere il tam-tam della disinformazione, si terranno poi tra medici, scuole ed università. E c’è anche chi, come il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Walter Ricciardi, ipotizza sanzioni ai camici bianchi che non sostengono le campagne di vaccinazione tra i bambini. «Malattie come poliomielite, tetano, differite e altre ancora rischiano di tornare perché ormai siamo sotto la soglia minima di copertura vaccinale prevista dal vecchio Piano», ammette. Rimarcando che «per morbillo, parotite e rosolia il calo di copertura dal 2013 è stato del 4%».
Del resto persino per le quattro vaccinazioni obbligatorie, sia pur di poco, si è scesi sotto la soglia minima di sicurezza del 95%. Ma per morbillo, parotite e rosolia siamo intorno all’86,6%, mentre a immunizzarsi dalla varicella oramai pensa meno del 36%. Dati sconfortanti, che ci sono costati una tirata d’orecchi anche dall’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità, che ci ha promosso per lo stato di salute generale ma bocciato per il tasso di vaccinazioni. «E’ più basso di quello dei Paesi dell’Est Europa», ci ha bacchettato Claudia Stein, direttore della divisione informazione dell’Oms Europa.
Sarà colpa della disinformazione che viaggia tra gli oltre 200 siti anti-vaccini, ma certo è che anche le Regioni hanno avuto le loro responsabilità, ognuna con un programma diverso di vaccinazioni. Così per il morbillo si va dal 90% di vaccinati della virtuosa Basilicata al 77,6% della Valle d’Aosta. E persino per l’obbligatoria anti-polio, se la solita Basilicata sta su un buon 98,8%, mentre il Veneto non va oltre il 91,7%.
Un federalismo sbagliato che il Piano vaccini promette ora di correggere.
La Stampa – 16 ottobre 2015