Approvato al Senato della Repubblica un emendamento all’art. 2-bis della proposta di legge sugli alimenti “sintetici” (DDL n. 651) che vieta l’utilizzo di nomi che fanno riferimento alla carne e ai suoi derivati per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali.
In Italia sono attualmente in fase di esame due proposte di legge che mirano a regolamentare la denominazione dei prodotti a base di proteine vegetali.
La più recente è l’emendamento approvato il 5 luglio dalla 9° Commissione del Senato alla proposta di legge n. 651, presentata il 7 aprile 2023 su iniziativa congiunta dei Ministri Lollobrigida e Schillaci intitolata “Disposizioni in materia di divieto e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici” attualmente all’esame del Senato.
L’emendamento alla proposta di legge sugli alimenti “sintetici”
Il progetto di legge si compone di 5 articoli. Nel dettaglio l’art. 2-bis rubricato “Divieto di utilizzo della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali”, e rentemente emendato, stabilisce che:
- Al fine di tutelare il patrimonio zootecnico nazionale, riconoscendo il suo elevato valore culturale, socio-economico e ambientale, nonché un adeguato sostegno alla sua valorizzazione, assicurando nel contempo un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini che consumano e il loro diritto all’informazione, per la produzione e la commercializzazione sul territorio nazionale di prodotti trasformati contenenti esclusivamente proteine vegetali è vietato l’uso di:
- denominazioni legali, usuali e descrittive, riferite alla carne, ad una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne;
- riferimenti alle specie animali o gruppi di specie animale o a una morfologia animale o un’anatomia animale;
- terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria;
- nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali.
- Le disposizioni di cui al comma 1, non precludono l’aggiunta di proteine vegetali, aromi o ingredienti ai prodotti di origine animale.
- L’uso delle denominazioni è sempre consentito quando le proteine animali sono prevalentemente presenti nel prodotto contenente proteine vegetali e purché non si induca in errore il cittadino che consuma circa la composizione dell’alimento.
- Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle combinazioni di prodotti alimentari di origine animale con altri tipi di prodotti alimentari che non sostituiscono né sono alternativi a quelli di origine animale, ma sono aggiunti ad essi nell’ambito di tali combinazioni.
- Con decreto del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, è adottato un elenco delle denominazioni di vendita degli alimenti che se ricondotte a prodotti vegetali possono indurre il cittadino che consuma in errore rispetto alla presente disposizione normativa.
La proposta di legge contro il meat sounding
Su questo stesso argomento il 29 dicembre 2022 era già stata presentata una proposta di legge dedicata, la n. 746, intitolata “Disposizioni in materia di denominazione dei prodotti alimentari contenenti proteine vegetali”, attualmente in corso di esame presso la Camera dei Deputati in XIII Commissione Agricoltura. Il progetto di legge si compone di 7 articoli.
Nel dettaglio, l’art. 3, rubricato “Corretta designazione dei prodotti contenenti proteine vegetali e uso dei termini che si riferiscono agli alimenti di origine animale”, stabilisce che, al fine di non indurre il consumatore in errore circa le caratteristiche dell’alimento, i suoi effetti o le sue proprietà, per denominare un prodotto trasformato contenente proteine vegetali è vietato l’uso di:
- denominazioni legali riferite alla carne, a una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne;
- riferimenti a specie animali o a gruppi di specie animali o a una morfologia o a un’anatomia animale;
- terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria;
- nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali.
Ora sembra pacifico domandarsi il perché di questi ravvicinati interventi normativi finalizzati ad impedire l’incontrollato fenomeno del meat sounding. A tal proposito ci viene in aiuto il legislatore, specificando che l’obiettivo di una siffatta produzione normativa è duplice: da un lato, tutelare il patrimonio zootecnico nazionale e riconoscerne il valore culturale, socio-economico e ambientale; dall’altro, garantire un adeguato livello di tutela della salute umana e dei consumatori, assicurando loro il diritto all’informazione corretta sulla composizione degli alimenti che consumano.
Milk e cheese sounding
Con riferimento alla corretta denominazione degli alimenti è opportuno ricordare quanto sostenuto dalla Corte di Giustizia Europea nella sentenza 14 giugno 2017 causa C-422/16 con la quale è stato stabilito che nella commercializzazione e nella pubblicità, la denominazione “latte” e le altre denominazioni riservate ai prodotti lattiero-caseari, come ad esempio “burro” e “formaggio”, non possono essere legittimamente impiegate per indicare prodotti puramente vegetali in quanto tali denominazioni sono riservate ai prodotti di origine animale.
Ciò garantisce ai produttori di detti prodotti condizioni di concorrenza non falsate e, ai consumatori, la garanzia che tali prodotti designati dalle suddette denominazioni corrispondano tutti alle stesse norme di qualità, proteggendoli al contempo dal rischio di confusione rispetto alla composizione dei prodotti che acquistano. Tale principio si applica anche nei casi in cui le denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indichino l’origine vegetale del prodotto in questione, salvo che tale prodotto sia inserito nell’elenco delle eccezioni previste dall’allegato I della decisione 2010/791/UE della Commissione.
Il caso della Francia
Come abbiamo già visto in questo articolo, la questione del “meat sounding” non è di certo un fenomeno circoscritto all’Italia. Anche in Europa, ad esempio in Francia, si è discusso ampiamente sulla necessità di regolamentare l’uso di denominazioni legate alla carne per i prodotti contenenti proteine vegetali. A tal proposito già dal giugno dello scorso anno la Francia adottando il decreto n. 947 del 29 giugno 2022, ha previsto che i prodotti vegetali con denominazioni che richiamano quelli carnei dovranno ripensare le proprie denominazioni trovandone di nuove ed originali.
L’importanza di un’informazione trasparente
In molti Paesi europei, la domanda di alternative vegetali alla carne è in costante aumento, e i produttori utilizzano terminologie e immagini evocative della carne per promuovere i loro prodotti. Questo ha sollevato interrogativi sulle potenziali ambiguità e inganni che possono sorgere per i consumatori.
L’approvazione di una legislazione che proibisce il “meat sounding” garantirebbe una maggiore chiarezza nella denominazione dei prodotti alimentari contenenti proteine vegetali, evitando confusioni e fornendo ai consumatori informazioni accurate sulla composizione degli alimenti che acquistano in modo che possano fare scelte consapevoli. D’altro canto, è importante non penalizzare il mercato dei produttori di alimenti vegetali.
È probabile che il dibattito sul “meat sounding” in Italia come anche in Europa continuerà a essere animato. Sarà interessante vedere come si evolveranno la legislazione nazionale e quella comunitaria in merito alla questione, e quali saranno le conseguenze per l’industria alimentare e per i consumatori italiani.