«Una soluzione ambiziosa e di grande potenza», così il presidente americano Barack Obama ha festeggiato la firma di un nuovo accordo internazionale contro il riscaldamento globale, utile a puntellare la sua eredità nella lotta al cambiamento climatico. Ieri a Kigali, capitale del Ruanda,i rappresentanti di quasi 200 Paesi si sono impegnati a ridurre progressivamente l’uso dei gas Hfc, gli idrocarburi utilizzati in frigoriferi, condizionatori d’aria, schiume e aerosol.
Ci sono voluti sette giorni di negoziati e una notte insonne, soprattutto per convincere i riluttanti delegati dell’India, ma finalmente il segretario di Stato John Kerry ha potuto annunciare il «monumentale passo avanti». Kigali non è Parigi, però l’intesa di ieri, a differenza dell’accordo sul clima firmato nella capitale francese lo scorso anno, è immediatamente vincolante. E avrà ricadute importanti: se l’impegno sarà rispettato, assicura David Doniger dell’organizzazione ambientalista Natural Resources Defense Council, «equivale a fermare le emissioni mondiali di CO2 da combustibili fossili per più di due anni».
Gli Hfc sono gas estremamente dannosi per il loro effetto serra — «tra cento e mille volte più potenti dell’anidride carbonica», ha puntualizzato Obama — le cui emissioni stanno crescendo ad un ritmo del 7-15% l’anno, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Anche stavolta saranno però gli Stati industrializzati, che scontano il forte debito pregresso di grandi inquinatori, a dare il buon esempio. L’accordo, che modifica il Protocollo di Montreal del 1987 ed entra subito in vigore, stabilisce infatti che Paesi come Europa e Usa già dal 2019 inizieranno a «tagliare» del 10% gli Hfc, mentre un centinaio di altri, guidati dalla Cina, congeleranno solo i consumi, fra il 2024 e il 2028. Fanalino di coda, India, Pakistan e alcuni Stati medio-orientali che hanno ottenuto di posporre ogni azione fino al 2028. I «tagli» veri e propri cominceranno dopo: la Cina dal 2029, l’India dal 2032.
L’obiettivo può sembrare poco ambizioso: ridurre di 0,5° il surriscaldamento entro la fine del secolo. Ma i modelli climatici lavorano su scarti all’apparenza minimali. Un aumento di appena 1,5° della temperatura media terrestre sopra i livelli pre-industriali innesca la scomparsa delle barriere coralline, a +2° l’umanità rischia di non riuscire più a sfamarsi, a +3° gli oceani erodono vasti tratti di costa e l’Artico diventa un ricordo.
Introdotti negli anni Ottanta per sostituire i famigerati Cfc — i clorofluorocarburi responsabili del «buco nell’ozono», messi al bando proprio dal Protocollo di Montreal — gli idrofluorocarburi non attaccano lo strato d’ozono (schermo fondamentale alle radiazioni letali per la vita sulla terra), ma sono all’origine di circa l’8 per cento del surriscaldamento climatico, a causa del loro effetto serra. Un dato destinato a crescere, assieme alla capacità di spesa di Cina, India e altri Paesi in via di sviluppo: secondo stime Usa, entro il 2030 verranno installati nel mondo oltre 700 milioni di condizionatori d’aria.
Nei mesi scorsi, Obama si è impegnato personalmente a convincere il leader indiano Narendra Modi, che gli avrebbe presentato però un conto amaro: sostituire gli Hfc con alternative più «pulite» costerebbe all’India tra i 15 e i 38 miliardi di dollari, quindi «è indispensabile» l’aiuto delle nazioni industrializzate. Appello in parte raccolto a Kigali: i firmatari si sono accordati per la creazione di un fondo di finanziamento ad hoc.
Prossimo appuntamento nella sfida al «climate change» il 4 novembre, quando entrerà in vigore l’Accordo di Parigi, ratificato finora da 79 dei 197 Paesi firmatari. L’Italia non l’ha ancora fatto ma il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti ha annunciato ieri che il disegno di legge ad hoc dovrebbe essere approvato dal Parlamento prima della conferenza Cop22 a Marrakech, che si apre il 7 novembre. Nella città del Marocco fervono già i preparativi. Obiettivo: accelerare l’azione climatica e sviluppare un regolamento che permetta l’implementazione dell’Accordo di Parigi.
Sara Gandolfi – Il Corriere della Sera – 16 ottobre 2016