Nell’ultimo mese il trend dei nuovi casi è stato in crescita, a causa della più contagiosa variante delta, ormai dominante. Ma l’aumento dei casi non si è tradotto, rispetto alle prime ondate, in un aumento dei ricoveri. Il tutto grazie allo “scudo” delle vaccinazioni (quasi il 60% della popolazione over 12 anni ha completato il ciclo) che riducono drasticamente il rischio di ospedalizzazione e morte.
L’assenza (per ora) di sovraccarichi, unita al pressing delle regioni preoccupate di chiusure in piena stagione estiva, ha indotto perciò il governo, con il via libera del Comitato tecnico scientifico, ad adottare nuove misure.
Nel decreto che estende l’obbligo del green pass, approvato dal Consiglio dei ministri il 23 luglio l’incidenza dei contagi non è più il parametro di riferimento. Resta in vigore, ma non è il criterio guida per la scelta della colorazione delle Regioni. I due parametri principali sono: il tasso di occupazione dei posti letto di pazienti Covid in terapia intensiva e in area medica non critica.
Si resta comunque in zona bianca se si registrano meno di 50 contagi settimanali ogni 100mila abitanti. Se i nuovi casi superano quota 50, per evitare la “retrocessione” in fascia gialla (obbligo di mascherina anche all’aperto) è necessario non oltrepassare il 10% dei posti occupati nelle rianimazioni oppure il 15% negli altri reparti. Insomma un exploit di contagi porterebbe a un cambio di colorazione solo in caso di sovraccarico ospedaliero. Altrimenti si resta nella zona con minori restrizioni. In fondo è l’auspicio generale. Che la prevedibile impennata dei nuovi positivi trainata dalla variante delta non intasi gli ospedali, grazie al fatto che la maggior parte della popolazione ha ormai ricevuto almeno una dose di vaccino.
Per decretare il passaggio in area gialla, oltre all’incidenza tra 50 e 150 casi ogni 100mila abitanti bisogna oltrepassare sia il 10% dei posti occupati nelle terapie intensive che il 15% negli altri reparti. Se i nuovi casi superano quota 150, per evitare l’arancione si deve verificare una di queste due condizioni: terapie intensive sotto quota 20%; oppure reparti ospedalieri sotto il 30%. Al momento il rischio di finire in zona gialla è ancora lontano, visto che la media di occupazione dei letti nelle rianimazioni è del 2% e quella nei reparti ordinari è del 3 per cento.
Ma vanno monitorate soprattutto alcune Regioni del Sud: Sardegna, Sicilia e Calabria. Non a caso tutte più indietro nelle vaccinazioni degli over 60 (la fascia di età maggiormente a rischio di ospedalizzazione). In particolare Sardegna e Sicilia viaggiano intorno al 4 per cento di occupazione delle terapie intensive. E la Calabria e la Sicilia segnano un 8-9% di posti letto con pazienti Covid nei reparti ordinari.
Si retrocede in zona arancione (spostamenti solo con green pass, a meno di motivi di salute, necessità e urgenza) se si superano i 150 casi settimanali ogni 100mila abitanti e si oltrepassa sia il 20% dei ricoveri in terapia intensiva che il 30% negli altri reparti. Mentre in zona rossa (negozi chiusi tranne quelli di prima necessità) si finisce se oltre all’incidenza (sempre 150 casi settimanali) si superano le asticelle del 30% per le rianimazioni e del 40% per gli altri ricoveri.
Ricapitolando, sotto i 50 contagi settimanali ogni 100mila abitanti si resta sempre in fascia bianca. Tra 50 e 150 ci si può colorare di bianco o giallo in base al livello dei posti letto occupati nei vari reparti. Sopra 150 conta solo il tasso di ospedalizzazione: il colore può essere bianco, giallo, arancione o rosso in base alla percentuale di posti letto occupati.
Sul fronte dei contagi le regioni italiane sono al momento tutte sotto quota 150. Ma la Sardegna è a un passo. Mentre Toscana, Veneto, Lazio, Sicilia, e Umbria si stanno avvicinando a quota 100.