Nell’ultimo decennio gli scienziati hanno individuato centinaia di nuovi virus potenzialmente in grado di passare dalla fauna selvatica all’uomo. Ma quali sono i più rischiosi per capacità di diffusione e dunque hanno la priorità nell’attività di sorveglianza? Uno studio dell’Università della California Davis fa luce su questo argomento
Alcuni ricercatori dell’Università della California, Davis (UCDAVIS) hanno utilizzato modelli di apprendimento automatico per classificare i virus nuovi e già noti in base al loro rischio di trasmissione zoonotica, ovvero quando le malattie infettive passano dagli animali agli esseri umani.
Lo studio, pubblicato dalla rivista Communications Biology, fornisce ulteriori prove del fatto che i coronavirus sono quelli a maggior rischio di diffusione e dovrebbero continuare a essere considerati prioritari per una maggiore sorveglianza e ricerca.
I modelli di apprendimento automatico sono stati progettati dall’EpiCenter for Disease Dynamics presso l’UC Davis One Health Institute della School of Veterinary Medicine.
Gli scienziati hanno creato un punteggio di priorità per ogni virus che servirà come parametro per valutare il rischio di trasmissione zoonotica. “Con l’espansione della sorveglianza, speriamo di essere sommersi da dati associati ai virus”, osserva l’autore principale dello studio ed epidemiologo veterinario Pranav Pandit, ricercatore dell’UC Davis One Health Institute. “Questi strumenti ci aiuteranno a capire il rischio connesso ai nuovi virus e permetteranno di prepararci meglio per le future pandemie”.
Cambiamenti ambientali e connessioni virali
Le reti ospite-patogeno forniscono informazioni sull’ecologia dei virus e dei loro ospiti; questi dati sono fondamentali per comprendere il rischio che questi virus rappresentano per la salute umana. Ciò è particolarmente importante in un contesto climatico e ambientale in continuo cambiamento. Quando l’ambiente cambia e la fauna di conseguenza si sposta, il rischio di trasmissione virale tra le specie può aumentare.
“Questo studio mostra come le diverse specie di animali selvatici siano collegate dai virus che condividono”, osserva Christine Johnson, professore di epidemiologia e salute degli ecosistemi alla UC Davis e direttore dell’EpiCenter for Disease Dynamics. “Il cambiamento ambientale è un fattore determinante per lo spostamento delle specie. Il modo in cui i virus interagiscono con i diversi ospiti in un ambiente mutevole è fondamentale per comprendere il rischio che rappresentano per la salute umana”.
Altre priorità
Oltre ai coronavirus, il modello ha classificato come prioritari per il lavoro futuro anche diversi paramyxovirus. Le malattie associate a questa famiglia di virus comprendono il morbillo, la parotite e le infezioni del tratto respiratorio. “La caratterizzazione di centinaia di virus richiede molto tempo e una definizione delle priorità”, aggiunge Pandit, “Il nostro approccio basato sulla rete aiuta a identificare i primi segnali delle traiettorie ecologiche ed evolutive di questi virus. Può anche aiutare a far luce sui collegamenti mancanti tra i virus e i loro ospiti”.
Lo studio è stato finanziato dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale e dal National Institutes of Health.
Fonte: Università della California – Davis/ Communications Biology