Matteo Renzi replica alle iniziative di Maurizio Landini bollando come «politica» la battaglia del leader della Fiom. Ma non solo: nelle intenzioni del presidente del Consiglio c’è anche la voglia di accelerare sulla legge di riforma della rappresentanza sindacale. Renzi è intenzionato ad affondare definitivamente il bisturi sul mondo sindacale più di quanto abbia fatto finora. Se da un punto di vista politico e simbolico le parti sociali non sono più tenute in gran conto a palazzo Chigi e la famosa concertazione è stata rottamata, il premier intende fare un passo ulteriore. Con due strumenti: una riforma della rappresentanza sindacale e un disegno di legge di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione. Per «dare finalmente regole a partiti e sindacati ». Del primo capitolo se ne stanno occupando i consiglieri economici del premier, da Yoram Gutgeld a Filippo Taddei.
«Vogliamo rafforzare il secondo livello di contrattazione — spiega Taddei — quello aziendale. Ma per farlo dobbiamo essere sicuri che i sindacati siano realmente rappresentativi ».
Serve quindi un provvedimento che fissi le nuove regole, per stabilire ad esempio quanti iscritti debba avere una tal sigla per avere diritto a sedersi al tavolo del negoziato, quale soglia bisogna raggiungere per la firma dei contratti collettivi, come vengono divise le ore di assemblea tra i vari sindacati. Una materia delicatissima e politicamente sensibile, che finora è stata lasciata al libero accordo tra le organizzazioni datoriali come Confindustria e i sindacati. Ma è chiaro che un’eventuale legge varrebbe per tutti, anche per chi non ha sottoscritto quei patti.
Le intenzioni di Palazzo Chigi c’è anche la voglia di accelerare sulla legge di riforma della rappresentanza sindacale e su una che regoli in modo diverso la vita dei partiti, anche intervenendo sull’articolo 49 della Costituzione («tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale»).
Insomma Renzi è sempre più convinto che vadano date regole diverse sia ai partiti che ai sindacati: i primi come i secondi, almeno nella costruzione legislativa attuale, protetti da principi costituzionali che nel tempo si sarebbero rivelati più in grado di proteggere privilegi che in grado di garantire una reale rappresentanza.
Una legge sulla rappresentanza sindacale è già allo studio del governo da diverso tempo. Che il modello della rappresentanza classico sia in crisi è materia di dibattito da diverso anni. L’uscita di Fiat dalla Confindustria, quella di Unipolsai dall’associazione delle compagnie di assicurazione, la voglia di alcune banche di avere un proprio contratto di gruppo non collettivo, la polverizzazione delle sigle sindacali, che spesso siedono ai tavoli di concertazione senza avere un reale peso né in termini di iscritti né in termini di rappresentanza aziendale, sono alcuni degli argomenti che hanno stimolato il dibattito e convinto l’esecutivo che occorra una svolta già nei prossimi mesi.
Per quanto riguarda i sindacati il lavoro è già in corso d’opera da mesi. Un provvedimento annunciato a gennaio dal consigliere economico di Renzi, Yoram Gutgeld, di cui esisterebbe già un testo preparato da 9 professori universitari, che in sostanza riscrive le regole e le procedure per le trattative fra le parti, fissa i criteri in termini di iscritti per potersi sedere a un tavolo di contrattazione, regola in modo diverso lo spazio dato alla parte nazionale di un contratto e a quella aziendale. Un anno Cgil, Cisl e Uil da una parte e Confindustria dall’altra hanno firmato un accordo che affida alle parti stesse queste regole; una legge significherebbe avere delle regole che si applicano a tutti sia che abbiano firmato un accordo di contrattazione sia che non l’abbiano fatto.
Fra le indiscrezioni uscite nelle settimane scorse il peso dei sindacati verrebbe calcolato facendo la media ponderata tra il numero degli iscritti e i voti presi alle elezioni delle Rsu, le rappresentanze sindacali unitarie. Solo chi supera una certa soglia, si parla del 5%, avrebbe diritto a partecipare alla trattativa per il contratto nazionale.
La novità l’annuncia Filippo Taddei, il consigliere economico del premier: «Entro poche settimane organizzeremo un incontro a palazzo Chigi perché su una discussione così importante non possiamo tagliare fuori le parti sociali».
Informazioni tratte da Repubblica e Corriere della Sera – 15 marzo 2015