Sono 450 mila. Hanno una pensione superiore a mille euro. Per loro fortuna sono riusciti a vivere per 60 anni senza intrattenere un rapporto di conto corrente con la banca. Ma da marzo la festa finirà. Entro il 7 dovranno comunicare all’Inps le coordinate bancarie del conto su cui accreditare la pensione. E qui inizia la farsa. Trattandosi di persone non particolarmente facoltose, una convenzione Abi-Governo doveva dare indicazioni sulla creazione di “conti gratis” da imporre agli istituti di credito. Ma i giorni passano. E nulla a tale proposito emerge. Così i nonni timorosi di vedere ritardato l’accredito si vedono costretti ad aprire rapporti molto più onerosi.
Anche se le banche (generalmente) sostengono che esistono già oggi conti a costo quasi nullo che consentono l’uso di bancomat, carte di credito, assegni, con la possibile domiciliazione delle utenze, la possibilità di operare su internet, di ricaricare il telefono. Ma qual è il valore aggiunto per un pensionato di tutto questo? Non userà il bancomat perché teme di non ricordarsi il codice segreto; internet lo terrorizza; le ricariche telefoniche non gli servono visto che ha solo il telefono fisso a casa. Al pensionato fino ad oggi privo di rapporto bancario, il conto corrente creerà solo ansia e costi. Lo obbligherà a leggere lettere incomprensibili in caratteri minimi che conserverà fino alla morte temendo che siano la prova del suo risparmio. E soprattutto, i nuovi conti comporteranno costi certi che prima non aveva. I 450 mila nuovi rapporti, ipotizzando una giacenza media di 1000 euro a conto, un tasso di remunerazione ovviamente pari “a zero”, mentre il tasso di impiego di quelle giacenze sarà pari al 5%, e incassi per servizi resi di 3 euro a mese a conto, garantiranno nuovi margini per il sistema bancario di 38 milioni di euro. Equivale a 84 euro spremuti a ciascun pensionato.
Gazzettino – 7 gennaio 2012