Tensione davanti all’ingresso principale della Camera dei deputati per la protesta dei pescatori che da stamattina presidiano la piazza. Da ore la polizia ha bloccato la circolazione intorno alla zona pedonale circostante Montecitorio e palazzo Chigi.
Poco dopo le 16 i manifestanti, qualche centinaio, controllati da polizia e carabinieri, hanno cominciato a lanciare diversi petardi e sedie di plastica verso l’ingresso della Camera, innescando la reazione delle forze dell’ordine. Polizia e carabinieri hanno superato le transenne che li dividevano dai manifestanti ed è nato un breve scontro, al termine del quale uno dei manifestanti, Roberto Penzo di Chioggia (nella foto), sanguinava dalla testa: “Mi hanno colpito con una manganellata”. Un altro manifestante è steso a terra e lamenta dolori ad una gamba. Alla fine i feriti sono stati cinque. Uno ha la gamba fratturata
GIUBBOTTI DI SALVATAGGIO – I pescatori sono arrivati a Roma da tutta Italia di prima mattina, molti di loro con addosso giubbotti arancioni di salvataggio. «La Comunità Europea ci affonda», «Vi state mangiando anche le nostre barche», «Le regole del Nord Europa non valgono per il Mediterraneo». Questi alcuni degli striscioni portati dai pescatori: «Siamo qui per dire no alla licenza punti – ha detto uno di loro – che ci vuole imporre la Comunità Europea così come anche il giornale di bordo. Per non parlare poi del caro carburante: così non riusciamo ad andare avanti e c’è il rischio di un blocco totale».
BLOCCHI – Già nei giorni scorsi, prima della manifestazione nazionale a Roma del 25 gennaio, i pescatori avevano iniziato le agitazioni. La protesta dei forconi e contro il caro gasolio investe anche il settore marittimo, dal Tirreno all’Adriatico, con le barche ferme in vari porti italiani e i pescatori sul piede di guerra per «l’enorme aumento dei costi di gestione delle imbarcazioni, e le norme Ue, che prevedono spese ingenti nell’ambito del Piano comune per la pesca». Martedì 24 barche ferme nei porti e mercati ittici chiusi. «Il gasolio è uno dei problemi più seri» spiegano gli operatori portuali, ma se «la pesca italiana vuole rispettare le leggi che l’Europa, di cui è fiera di far parte, ci ha dettato, vuole arrivarci senza stravolgere i propri sistemi di pesca, le tradizioni, la cultura culinaria». «Governo e Ue -rilanciano – pretendono l’impossibile, non siamo più in grado di andare avanti, di sostenere le spese per mettere a norma le barche in base al Pcp (il Piano europeo), che dovrebbe garantire il futuro della pesca ed invece ci sta stritolando. Se proprio dobbiamo morire, vogliamo decidere noi come farlo». «Siamo allo stremo anche per colpa delle banche, che hanno chiuso i rubinetti».
25 gennaio 2012