Meno aiuti ma con criteri di distribuzione più favorevoli all’Italia. Sono le indicazioni contenute nell’ultima bozza sul bilancio europeo 2014-2020, di cui l’agricoltura assorbe ancora il 40% del totale, messa a punto dalla presidenza di turno cipriota del Consiglio Ue, in vista del vertice straordinario dei capi di Stato e di governo del 22 e 23 novembre.
Per le spese agricole, come previsto, c’è un’ulteriore limatura dell’1,3% che va però sommata a quella già imposta dalla Commissione europea, pari al 12,5%: il taglio rispetto ai pagamenti attuali raggiunge così il 13,8 per cento. Viene inoltre più che dimezzato, da 3,5 a 1,5 miliardi, il fondo anticrisi di mercato collocato fuori dalla Politica agricola ma considerato di fondamentale importanza per la tutela dei redditi nelle fasi sempre più frequenti di alta volatilità dei prezzi. In definitiva, a conti fatti, mancano circa 7,5 miliardi rispetto alle ultime proposte della Commissione. E non è detto che basti. Il documento rappresenta infatti solo una base negoziale e tutti gli scenari restano ancora aperti. Per l’Italia la novità più rilevante riguarda l’aggiunta di nuovi parametri in base ai quali dovrà essere effettuata la ripartizione degli oltre 277 miliardi di aiuti diretti nei prossimi sette anni. Oltre alla superficie agricola compaiono per la prima volta criteri come il livello dei salari, il potere d’acquisto, il valore della produzione agroindustriale e il costo dei fattori produttivi. Questo dovrebbe consentire di recuperare parte del pesante saldo negativo nella contribuzione italiana al bilancio Ue. Il costo del riallineamento degli importi percepiti dagli agricoltori dei nuovi Stati membri insomma peserà meno sui colleghi italiani. Sarà comunque difficile andare oltre questi lievi benefici, vista la posizione di partenza dell’Italia già condannata a un taglio del 18%, ben oltre la media Ue. Il documento entra anche nel merito di tutti i temi chiave della riforma della Pac, «dettando» il compromesso ai ministri agricoli alle prese con un negoziato che è finito in ostaggio a quello sul bilancio dove ogni giorno si moltiplicano rivendicazioni e veti incrociati (ultimo episodio la minaccia tedesca di far saltare il vertice se a sua volta il Regno Unito non ritirerà il proprio veto sul budget). La proposta è quella di mantenere l’attuale struttura dalla Pac basata sui due pilastri, gli aiuti diretti e lo sviluppo rurale, ma con una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse: si potranno trasferire allo sviluppo rurale fino al 15% dei fondi per aiuti diretti e mercati; viceversa, i partner con pagamenti sotto il 90% della media Ue potranno prelevare fino al 10% delle risorse per lo sviluppo rurale per rimpinguare gli aiuti alle imprese (il cofinanziamento statale sarà in questo caso volontario). I contestatissimi vincoli ambientali dovranno essere semplificati, con poche regole uguali per tutti e libertà a livello di Stato membro di scelta sulle singole misure. Mentre sulla delicata questione del tetto agli aiuti per le grandi aziende il documento lascia aperte tutte le soluzioni: dall’introduzione di un limite tenendo però conto dell’occupazione alla sua definitiva cancellazione dalla riforma.
ilsole24ore.com – 4 novembre 2012