Una sentenza della Cassazione ribalta quella precedente sulla vicenda del venditore di Pomigliano d’Arco multato per esporre cassette su strada. Serve analisi del rischio precisa e non presunzione colpevolezza
Nei mesi scorsi una sentenza della Cassazione (sezione III, 10 febbraio 2014, n. 6108) aveva emesso un verdetto di “colpevolezza preventiva” per i commercianti di ortofrutta all’aperto, qualora esponessero la merce su strade trafficate o (apparentemente) esposte ad inquinamento atmosferico e gas di scarico. “Apparentemente”, perchè -richiamandosi alla legge 283/62, i giudici interpretavano il “cattivo stato di conservazione” (che non può mai connotare gli alimenti in vendita) come risulta necessaria (ancorchè non provata da riscontri analitici concreti) e dell’esposizione su strada e dell’insudiciamento della confezione esterna – una cassetta.
La sentenza aveva certamente fatto discutere: pregiudicando a priori una delle modalità più diffuse di vendita dell’ortofrutta, ovvero quella su strada o all’aperto, anche tramite piazzole e Farmers’ Market, cui pure i cittadini sono abituati. Nello stesso tempo, la sentenza sembrava un grosso regalo alla GDO, che invece di norma vende al chiuso.
Coldiretti aveva aspramente criticato tale sentenza, che pure non aveva un valore giurisprudenziale generale, ma si applicava ad un caso concreto. Le dinamiche concorrenziali di fondo tra distributori e mercati rionali e GDO rappresentano a tal proposito uno snodo chiave.
In base ad una indagine conoscitiva dell’Antitrust del 2008 infatti, il prezzo finale di frutta e verdura risulta più basso laddove la GDO si trova a competere con altre forme distributive, segnatamente mercati rionali e strutture mobili. La sentenza sembrava quindi una porta in faccia a piccoli dettaglianti, negozi di vicinato e farmers’ market che di norma hanno uno spazio espositivo dell’ortofrutta all’aperto.
La normativa
La vendita all’aperto di generi alimentari è normata sia a livello nazionale che comunitario tramite l’ordinanza del Ministero della Salute del 3 aprile 2002 (GU 114 17 maggio 2002) circa i requisiti igienico sanitari dei prodotti alimentari su aree pubbliche e la normativa quadro europea richiamata (Reg. 852/2004, Capitolo III). In realtà nel tempo tutta una stratificazione di ordinanze di livello locale hanno complicato il quadro interpretativo, lasciando ampi spazi di discrezionalità ai poteri ispettivi comunali.
Ortofrutta, rincari fino al 200% nel percorso dal campo alla tavola
Ma una nuova sentenza della Cassazione sembra aver riportato coerenza rispetto ai più ampi principi di una vera e propria valutazione del rischio: che sarebbe l’unico criterio valido per poter decidere di negare la vendita all’aperto, in spazi più o meno pubblici.
Lo scorso 7 aprile infatti la Cassazione (sentenza 15464/14) ha corretto l’interpretazione precedente (sentenza 6108), affermando come :
“il reato di cui all’art. 5, lett. d), l. n. 283/1962 (Disciplina igienica degli alimenti) si configura solo allorché il prodotto si presenti oggettivamente insudiciato o infestato da parassiti ovvero alterato, senza che tali condizioni possano essere desunte dallo stato di conservazione dell’alimento, atteso che, trattandosi di reato di pericolo, per la cui integrazione è sufficiente il pericolo di danno per la salute pubblica, la presunzione di pericolosità non può farsi discendere dalla ulteriore presunzione che lo stato previsto alla citata lett. d) discenda dalle condizioni ambientali nelle quali l’alimento viene tenuto”.
Non basta l’esposizione presunta a smog….
Tale sentenza interpreta e corregge la10 febbraio 2014, n. 6108: in base alla quale si evinceva che la messa in commercio di frutta all’aperto ed esposta a vario titolo ad agenti inquinanti (anche in ragione del traffico urbano) costituisse una violazione dell’obbligo di assicurare l’idonea conservazione delle sostanze alimentari e rispettare l’osservanza di disposizioni specifiche integrative del precetto:“il giudice del merito ha fatto seguire l’altrettanto corretta affermazione secondo la quale la messa in commercio di frutta all’aperto ed esposta agli agenti inquinanti costituisca una violazione dell’obbligo di assicurare l’idonea conservazione delle sostanze alimentari e rispettare l’osservanza di disposizioni specifiche integrative del precetto”.
Mercato ortofrutticolo palermo
….nè l’insudiciamento della confezione….
La sentenza 15464/14 fa chiarezza ed evita inferenze indebite “a priori” e non verificate in modo più preciso tramite una appropriate e puntuale analisi del rischio. Non sembra nemmeno configurabile l’inferenza –stando alle parole della Cassazione usate in precedenza e ora corrette- per cui: “il cattivo stato di conservazione del’alimento può assumere rilievo anche per il solo fatto dell’obbiettivo insudiciamento della sola confezione” o che la “messa in commercio di frutta all’aperto ed esposta agli agenti inquinanti costituisca una violazione dell’obbligo di assicurare una corretta conservazione delle sostanze alimentari”.
Coldiretti plaude allo spirito “scientifico” e “basato sull’evidenza” della sentenza 15464/14, laddove sembra necessario un richiamo a più precisi riscontri analitici e probatori dello stato di cattiva conservazione (anche estrinseca ed in ragione di elementi ambientali come nel caso della messa in vendita di alimenti all’aperto), con una base oggettiva e misurabile. Tali riscontri puntuali sono del resto sollecitati dalla Legge 283/62.
Sicurezza Alimentare Coldiretti – 17 aprile 2014