L’esperto che dirige il Dipartimento Prevenzione del Ministero: i focolai si sono sviluppati in ospedale o all’interno di famiglie. La nostra rete di sorveglianza funziona
«Non c’è allarme e la nostra rete di sorveglianza funziona. Però prima di avere la certezza che il caso dell’uomo contagiato dalla Nuova Sars durante un viaggio in Giordania resti isolato passerà almeno una settimana». Giuseppe Ruocco dirige il dipartimento della Prevenzione al ministero della Salute, uno dei settori chiave della sanità italiana.
1 Dunque prima di una settimana non sapremo se l’episodio di Firenze, dove tre persone sono state colpite dalla cosiddetta Nuova Sars, può considerarsi concluso. Quali sono i «tempi» di questa infezione?
«L’infezione da coronavirus responsabile della Nuova Sars può uscire allo scoperto con i sintomi anche a distanza di 12 giorni. Finché questo tempo di latenza non sarà passato e non ci saranno nuovi contagi secondari oltre ai due identificati fino a ieri, non potremo mettere la parola fine».
2 Come è organizzata l’Italia per fronteggiare il rischio di focolai? Avevamo già messo a punto un sistema di difesa?
«Già a metà maggio, dopo aver ricevuto l’allerta dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), abbiamo inviato alle Regioni una circolare perché avvertissero i centri di sorveglianza della rete sulle sindromi respiratorie gravi, attive anche in tempi normali, che da alcuni Paesi del Medio Oriente sarebbero potute arrivare persone colpite dalla malattia identificata col nome di Mers. Da allora il ministero è in collegamento con le Regioni per valutare i casi sospetti assieme all’Istituto superiore di sanità. Già a metà dello scorso mese i laboratori di riferimento hanno ricevuto il test per la diagnosi».
3 Sono state identificate una cinquantina di persone che, tra familiari, amici e colleghi di lavoro, hanno avuto contatti con il paziente ricoverato al Careggi. La cerchia è stata circoscritta?
«Ci auguriamo non compaiano casi nuovi. Rassicurano le caratteristiche finora descritte di questo coronavirus. È comparso in Europa da febbraio, casi che si contano sulla punta di una mano in Germania, Regno Unito e Francia. Tutte persone che venivano da trasferte in Medio Oriente. Sembra che questo virus abbia una propagazione lenta. Si trasmette solo attraverso un contatto molto stretto. Chi ha i sintomi, come febbre alta, tosse e oppressione al torace, per contagiare altre persone deve avere rapporti ravvicinati, entro un metro di distanza, e prolungati. Non basta un incontro per strada. Ecco perché finora tutti i focolai di infezione si sono sviluppati in ospedale o all’interno di famiglie».
4 Che tipo di virus è questo della Nuova Sars? Si può dire che è un virus «debole»?
«Supponiamo non sia molto aggressivo dal punto di vista della diffusione e non resista a lungo nell’ambiente. Ben diverso dal virus dell’influenza, dove può bastare uno starnuto. In certe persone è, come il coronavirus della Sars del 2002, molto pericoloso perché può provocare un’insufficienza respiratoria severa e colpire, oltre ai polmoni, altri organi».
5 È sempre in piedi la rete di centri Ecmo, unità per pazienti con insufficienza respiratoria grave attraverso l’ossigenazione extracorporea? Risultarono preziosi durante la pandemia.
«Sono il vanto della nostra rete. Sono stati addirittura potenziati come numero. Per la Nuova Sars, come per la precedente, non ci sono farmaci specifici e dobbiamo utilizzare cure di supporto».
6 Sono state predisposte misure speciali per i passeggeri provenienti da zone a rischio?
«Gli uffici frontalieri sono stati allertati. Negli aeroporti la sanità aerea è preparata a questi eventi ma se il passeggero non sbarca con sintomi clinici è impossibile identificarlo. Non sono state date dall’Oms indicazioni su eventuali misure sui passeggeri in entrata né limitazioni sui viaggi perso il Medio Oriente».
Margherita De Bac – Corriere della Sera – 3 giugno 2013