Gli animali sono risultati positivi ai test degli anticorpi per il virus Mers, che ha causato finora 46 morti nel mondo. Potrebbe essere il dromedario a trasmettere all’uomo la nuova Sars, il coronavirus del Medio Oriente (Mers-CoV) che secondo l’ultimo bollettino Oms ha infettato 96 persone in tutto il mondo, causando 46 morti.
Tutti i dromedari provenienti dal Medio Oriente (50), e 15 dei 105 (14%) provenienti dalle Isole Canarie, il cui sangue è stato analizzato, sono risultati positivi ai test degli anticorpi per la Mers, a indicare che l’animale era infetto o in passato era stato infettato dal virus. Lo studio, che ha coinvolto un team internazionale coordinato e condotto da Chantal Reusken del National Institute for Public Health and the Environment a Bilthoven in Olanda, è pubblicato su Lancet.
LO STUDIO – La trasmissione del virus da uomo a uomo avviene molto difficilmente, quindi per far luce sulle origini del contagio gli scienziati hanno analizzato 349 campioni di sangue di animali di diverse specie (mucche, capre, pecore, dromedari e simili come lama e alpaca) provenienti da diverse parti del mondo, dalla Spagna al Cile, compresi Olanda e Oman. Solo ed esclusivamente i dromedari sono risultati positivi ai test. «Il tipo di virus simil-Mers che ha colpito quelli dell’Oman è in qualche modo diverso da quello che circola in Spagna – spiegano gli autori -. I dromedari del Medio-Oriente sono risultati essere più spesso positivi, e con maggiori concentrazioni di anticorpi nel sangue».
VIRUS A CONFRONTO – Il virus Mers-CoV è simile a un coronavirus in circolazione tra i pipistrelli, ma il contatto di questo animale con l’uomo è molto raro: per questo motivo gli scienziati hanno voluto ricercare un altro possibile responsabile della trasmissione della malattia. «I dromedari in Medio-Oriente vengono allevati e sfruttati per il latte e la carne – spiegano i ricercatori -, dunque la trasmissione del virus da questi animali è molto più verosimile». Appurato che i dromedari sono suscettibili a un virus simil-Mers, il prossimo passo della ricerca sarà individuare e analizzare con precisione questo virus, e metterlo a confronto con quello che colpisce gli uomini. In un commento su Lancet Vincent Munster, del National Institute of Allergy and Infectious Diseases degli Stati Uniti, afferma: «In assenza di una profilassi e trattamenti contro il Mers-CoV, bloccare il contagio tra animali ed esseri umani, o uomo-uomo, potrebbe essere il metodo più promettente per prevenire altri decessi».
9 agosto 2013 – Corriere.it