Il Parlamento europeo ha dato il via libera finale alla nuova direttiva sulle emissioni industriali, che fissa livelli più stringenti anche per gli allevamenti intensivi,responsabili della produzione di ossido di azoto, ammoniaca, mercurio, metano e biossido di carbonio. Con 393 voti a favore, 173 contrari e 49 astenuti, la nuova direttiva estende le sue norme anche agli allevamenti suini con più di 350 capi e a quelli avicoli con più di 280 polli o più di 300 galline ovaiole. L’intesa politica ha escluso per ora gli allevamenti di bovini, che invece erano stati inclusi nella proposta della Commissione europea e la cui inclusione sarà valutata in un secondo momento, a partire dal 2026. La legge deve ora essere adottata anche dal Consiglio Ue, prima di essere pubblicata nella Gazzetta ufficiale ed entrare in vigore 20 giorni dopo. Gli stati membri avranno poi 22 mesi per adeguarsi.
Gli allevatori però non sono soddisfatti. «Con il voto sulla direttiva emissioni industriali – ha detto Ettore Prandini, presidente di Coldiretti – l’Unione europea ha perso l’ennesima occasione di invertire la rotta, abbandonando le follie di un estremismo green che rischia di far chiudere migliaia di allevamenti, stretti tra una burocrazia sempre più asfissiante e la concorrenza sleale dall’estero». Secondo l’associazione, ad essere colpiti dalle nuove norme saranno numerosi allevamenti di suini e di pollame di medie e piccole dimensioni, con il risultato che a sopravvivere saranno solo le aziende di grandi o grandissime dimensioni. Tra gli allevamenti penalizzati, inoltre, ci saranno anche le aziende suinicole coinvolte nelle produzioni Dop.
In occasione del voto, diverse associazioni europee degli agricoltori si sono recate a Strasburgo per manifestare, sotto il coordinamento del Copa Cogeca. Per l’Italia, oltre alla delegazione della Coldiretti, c’era quella di Confagricoltura. Anch’essa fortemente contraria al provvedimento: «La misura – spiega Cristina Tinelli, direttrice delle relazioni Ue e internazionali di Confagricoltura – nasceva con l’intento di prevenire e ridurre le emissioni del settore industriale e di quello agricolo, il risultato è un ulteriore carico burocratico per le nostre imprese le quali, invece, chiedono da tempo uno snellimento degli impegni amministrativi che frenano la produttività». Prima delle nuove norme approvate, erano soggetti a richiedere la cosiddetta Autorizzazione integrata ambientale solo due tipi di allevamento: quelli di pollame con potenzialità produttiva massima superiore a 40mila posti e quelli di suini con potenzialità superiore a 2mila posti. Quando entrerà in vigore la direttiva appena approvata, le soglie verranno dimezzate
Secondo la Cia-Agricoltori, le nuove norme in Italia interesseranno il 90% degli allevamenti di pollame e il 20% dei maiali, anche se l’impatto sulla produzione di carne suina sarà superiore all’80% . «Abbiamo sempre ritenuto irragionevole equiparare la zootecnia a settori altamente industrializzati – sostiene il presidente della Cia, Cristiano Fini – chiedendo il mantenimento dello status quo nella revisione della direttiva. Dopo l’esclusione degli allevamenti bovini, oggi ci aspettavamo un esito ben diverso dal voto. Ora confidiamo in una valutazione più attenta da parte del Consiglio, che dovrà dare il via libera definitivo al testo». Mentre il presidente di Confcooperative Fedagripesca, Carlo Piccinini, si rammarica che «solo per una manciata di voti non si è potuto procedere alla votazione di emendamenti che avrebbero potuto migliorare il testo a beneficio di tutto il sistema agricolo».
Il Sole 24 Ore