Testimonianza di un impiegato Asl nel processo a Nuoro che vede come imputati colleghi del veterinario oggetto dell’attentato e allevatori
L’anomalia c’era. Come spiegarla o interpretarla sarà compito delle controparti del processo per l’attentato al veterinario Elio Vacca e per un presunto giro di false certificazioni sui capi allevati in alcune aziende della Planargia. Intanto però di fronte ai giudici, un impiegato della Asl di Nuoro ha chiarito come la sua attenzione, nel momento in cui verificò i capi dell’allevamento di uno degli imputati, l’allevatore Mariano Salvatore Chessa (44 anni di Sennariolo) fu attirata dalla presenza dal numero maggiore di vitelli rispetto a quello delle fattrici. Mariano Salvatore Chessa si era a suo tempo giustificato a suo tempo dicendo di averli acquistati ad Arborea.
A seguire l’allevamento era un altro veterinario della Asl, anch’egli imputato assieme a un altri due allevatori. Secondo il pubblico ministero, Rossella Spano, insieme avrebbero messo in piedi un giro di false certificazioni sui capi animali e, una volta scoperti da Elio Vacca, gli allevatori avrebbero provveduto a minacciarlo con la bomba che esplose a capodanno del 2005. Il processo proseguirà il 13 luglio.
Secondo il pubblico ministero Diana Lecca, che ha condotto l’inchiesta, questa denuncia di presunte irregolarità fu proprio il movente che scatenò l’ira dei bombaroli. L’attentato contro la casa di via Pozzomaggiore sarebbe stato preparato e messo a segno da Mariano Salvatore Chessa, allevatore di 43 anni di Sennariolo. L’esplosione causata dai settecento grammi di esplosivo, che provocarono il crollo di una parte della casa, voleva essere una minaccia verso colui che aveva scoperto degli illeciti nella movimentazione del bestiame e che, di lì a poco, li avrebbe segnalati. A Mariano Salvatore Chessa viene poi contestato il danneggiamento dell’auto di Elio Vacca, che appena due giorni prima dell’attentato, fu cosparsa di benzina.
Cosa dunque aveva scoperto il veterinario della Asl? Sempre secondo le accuse, era venuto a conoscenza di alcuni illeciti commessi dallo stesso Chessa assieme ad altri due degli imputati nel riciclaggio di bestiame. Ne avrebbero infatti mascherato la provenienza furtiva attraverso fascette e passaporti identificativi fasulli.
E in quest’ultimo passaggio sarebbe coinvolto anche l’altro veterinario della Asl che è accusato di falso per aver compilato dei fogli rosa relativi alla movimentazione in uscita del bestiame dell’allevamento di Mariano Salvatore Chessa.
La Nuova Sardegna – 23 aprile 2012