In due distinti rapporti, il Comitato scientifico delle Nazioni Unite e gli esperti Oms sono giunti alle stesse conclusioni valutando che non si sono registrati risultati apprezzabili di aumento dei tassi di tumori e altre patologie tra la popolazione nel periodo successivo all’incidente del 2011
L’ultimo rapporto medico scientifico sull’incidente di Fukushima dell’11.03.2011, arriva dal Comitato Scientifico delle Nazioni Unite sugli effetti da radiazioni atomiche (UNSCEAR), l’organismo internazionale indipendente per dare pareri imparziali sugli effetti da radiazioni su persone e su ambiente.
Nel gennaio 2012 fu chiesto all’UNSCEAR dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di dare una “valutazione completa dei livelli di esposizione e dei rischi da radiazioni” attribuibili all’incidente di Fukushima. Il rapporto , che è stato divulgato in questi giorni, e pochissimo ripreso dalla stampa nazionale, conclude che i tassi di tumori e/o di malattie ereditare sono tali da non mostrare qualsiasi aumento apprezzabile nelle zone colpite e questo perché le dosi di radiazioni ricevute dalla popolazione erano molto basse. La popolazione fu infatti prontamente evacuata dalle vicinanze della centrale nucleare e successivamente dalle zone circostanti dove i radionuclidi si erano accumulati. Questa azione ridusse l’esposizione alle radiazioni di un fattore 10. Nel complesso ci si attende che la popolazione di Fukushima a seguito dell’incidente riceverà mediamente meno di 10 milli Sievert (mSv) nell’arco della loro vita, un dato da confrontarsi con la dose di 170 mSv complessivamente assorbiti durante la vita a causa soltanto della radiazione di fondo naturale presente in Giappone. Soltanto un gruppo di 160 lavoratori dell’impianto che devono essere monitorati nel lungo periodo hanno ricevuto dosi di 100 mSv o più in un breve arco di tempo.
Un altro studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha portato alle stesse conclusioni dell’UNSCEAR: qualsiasi effetto sulla salute dovuto a radiazioni dell’incidente di Fukushima è stato troppo piccolo per essere identificato. L’incidente di Fukushima però non ha modificato sostanzialmente, contrariamente a quanto viene riferito, le prospettive della scelta nucleare. La Gran Bretagna, gli Stati Uniti e la Russia hanno scelto di mantenere il loro programma di sviluppo e ad essi si aggiungono diversi stati dell’Europa Orientale mentre in altri come la Germania, la Svizzera e il Belgio ha prevalso la scelta di rinunciare all’energia nucleare da subito o in prospettiva. La Germania per esempio ha scelto di rinunciare al nucleare e a spegnere subito 8 dei 17 reattori in funzione in vista di chiudere anche gli altri entro il 2022 (ma fino al giorno prima sarà possibile modificare tale scelta). Per sopperire al fabbisogno elettrico, nonostante gli investimenti nelle energie rinnovabili, in Germania entreranno in esercizio 3 centrali a carbone accrescendo l’inquinamento. Negli stati emergenti dove è in atto un’imponente crescita di consumi di energia ben maggiori che in Europa, i piani di sviluppo del nucleare vanno avanti senza ripensamenti e questo vale soprattutto per l’India, la Corea del Sud, il Vietnam e soprattutto la Cina dove si trovano 19 reattori in funzione, 29 in costruzione e altri 58 in corso di progettazione.
In conclusione, come riferito nel libro del Prof. G.V. Pallottino “La radioattività intorno a noi” Edizioni Dedalo, il disastro di Fukushima non ha condotto ad un effettivo rallentamento dello sviluppo complessivo del nucleare e il motivo di questa tenuta sta nel fatto che soltanto il nucleare è in grado di fornire l’elettricità con continuità, a differenza dell’eolico o del fotovoltaico, e senza produrre a differenza delle centrali termoelettriche emissioni indesiderate di sostanze nocive che contribuiscono all’inquinamento e di anidride carbonica (CO2), il gas che è fortemente sospettato di contribuire al riscaldamento globale del nostro pianeta.
Prof. Umberto Tirelli – Direttore Dipartimento di Oncologia Medica Istituto Nazionale Tumori di Aviano
QS – 26 novembre 2014