Oltre 2,2 milioni nella fascia degli under 30, come certificato dall’Istat, e ben 1,1 milioni in più se si allarga il range fino ai trentaquattrenni. Spostando l’asticella in avanti di appena cinque anni, l’esercito dei Neet – giovani che non studiano e non lavorano – acquista una fetta rilevante di inattivi e disoccupati e sfonda la barriera dei 3,3 milioni: uno su quattro tra chi non ha compiuto i 35 anni e un terzo dei Neet totali.
Secondo l’elaborazione del Centro studi Datagiovani per Il Sole 24 Ore, il 38% è disoccupato, mentre oltre sei su dieci non sono nemmeno impegnati in azioni di ricerca di un impiego.
«Guardando al pre-crisi – spiega il ricercatore Michele Pasqualotto – la situazione è peggiorata in modo drammatico: i Neet dal 2008 al 2012 sono aumentati di oltre mezzo milione, una crescita del 17 per cento».
L’identikit
A prevalere sono le donne (58% del totale), ma con i maschi in forte crescita (+30% dal 2008). Segmentando le classi d’età in intervalli quinquennali, emerge con forza che la componente più rilevante è quella dei giovani dai 30 ai 34 anni – più di un milione come detto in precedenza – che sono cresciuti dell’8% in quattro anni. In forte recupero, però, sono i neodiplomati (15-24enni), che hanno rimpolpato in maniera pesante la popolazione di Neet dall’avvio della crisi (+31%, 288mila in più, oggi sono oltre 900mila).
La laurea non basta
A giudicare dal percorso scolastico, l’incidenza più elevata di Neet si riscontra tra coloro che hanno un livello di preparazione basso o un diploma di scuola secondaria superiore (rispettivamente 28% e 24%), mentre tra i laureati si scende al 18,6 per cento. È vero però che la “protezione” del titolo di studio elevato dal rischio di trovarsi disoccupati o inattivi ha subìto un duro colpo dalla crisi, dato che i laureati “né-né” sono aumentati del 20%, trend di poco inferiore a quello dei diplomati (+28%).
«Il forte mismatch tra offerta e domanda di competenze professionali – commenta Maurizio Del Conte, docente di diritto del lavoro all’Università Bocconi di Milano -, con un numero crescente di giovani sovra-educati e sotto-occupati, aggravano il quadro generale e confermano il fallimento di un sistema di transizione scuola-lavoro prevalentemente delegato al fai-da-te delle famiglie e delle reti relazionali personali».
L’analisi territoriale, poi, evidenzia una forte concentrazione al Sud: qui risiede oltre la metà dei Neet e l’incidenza sulla popolazione sfiora il 36%, più del doppio di ciò che avviene al Nord. Le regioni in cui il fenomeno è più forte sono Campania e Sicilia, con quasi il 40% di giovani “in panchina” rispetto al totale dei coetanei e che da sole raccolgono quasi un terzo dei Neet d’Italia. Valori ben distanti dal 13% del Trentino-Alto Adige o del 16% di Lombardia ed Emilia-Romagna, regioni che anche su questo terreno si dimostrano vicine alla media Ue.
In fondo al ranking europeo
Sullo scacchiere europeo, infatti, si registra poco più del 17% di Neet tra i 15 e i 34 anni, percentuale aumentata del 16% rispetto al 2008. L’Italia è in fondo alla classifica e guardando ai competitor il gap si fa imbarazzante: in Germania i Neet sono l’11%, in Francia il 16%, per non parlare di Paesi come Austria, Olanda, Norvegia in cui si scende abbondantemente sotto il 10 per cento. Nel 2012 solamente Grecia (29%), Macedonia (34%) e Turchia (33%) hanno dati peggiori dei nostri.
«L’elevato tasso di inattività tra i Neet, oltre il 60% – conclude Giovanna Vallanti, docente di economia alla Luiss di Roma – mostra come scoraggiamento e difficoltà di trovare lavoro siano le principali cause delle differenze che ci dividono dall’Europa. Si tratta di un indicatore della debolezza strutturale del mercato del lavoro italiano, nel quale i giovani, una volta terminati gli studi, sperimentano non solo la difficoltà a trovare un’occupazione in tempi brevi, ma molto spesso incontrano barriere vere e proprie all’ingresso nel mondo produttivo».
L’IDENTIKIT DEI NEET – LA PLATEA
3,3 milioni
Un giovane su quattro under 35
non studia e non lavora
I Neet dai 15 ai 34 anni nel nostro Paese nel 2012 sono oltre 3,3 milioni e rappresentano un quarto della popolazione nella medesima fascia d’età. Il 38% è disoccupato, mentre oltre sei su dieci non sono nemmeno impegnati in azioni
di ricerca del lavoro. Il 58%
dei Neet è donna, ma rispetto
al 2008 sono stati gli uomini
a peggiorare di più (+30% rispetto al +7,4% delle donne)IL TITOLO DI STUDIO
44,6%
Quasi un giovane Neet su due
ha un titolo di studio basso
Quasi la metà dei Neet non arriva al diploma di scuola media superiore (si registrano titoli di studio bassi nel 44,6% dei casi), mentre i diplomati rappresentano il 45,3% dei Neet e sono la categoria che è cresciuta di più (quasi il 30%) dal 2008. I laureati, pur essendo
di poco superiori al 10%
dei Neet, sono aumentati di oltre il 20 per centoIN EUROPA
17,4%
L’Italia è maglia nera nella Ue
dove la media dei Neet è al 17%
Che l’Italia sia fanalino di coda d’Europa per quanto riguarda i Neet non è un mistero: infatti è dal 2008 che vanta questo poco invidiabile primato. Con il 25% dei Neet l’Italia è otto punti percentuali sopra la media europea e lontano anni luce dall’11% registrato in Germania
e dal 16% della Francia,
senza contare che Paesi
come Austria, Olanda e Norvegia sono ben al di sotto del 10 per cento
Il Sole 24 Ore – 8 luglio 2013