C’è il gap su affitti, contributi, fino al canone Tv. Ma la parte del leone la fanno i redditi non dichiarati delle partite Iva
In Italia l’evasione è trasversale, ad eccezione di lavoratori dipendenti e pensionati che pagano alla fonte. Si evade un po’ in tutti i settori – ma più nei servizi, meno nell’industria – e in tutti i territori: singoli e imprese, piccoli e grandi, al Sud come al Centro-Nord. Soprattutto Irpef (degli autonomi) e primi in Europa per l’Iva con 25 miliardi, pari a un quinto evaso, sui 93 che mancano all’appello nell’intera Unione. E se i datori di lavoro si “scordano” 12,7 miliardi di contributi previdenziali dei lavoratori in un anno, nessuna meraviglia dei salari da fame di oggi, sotto al minimo, e delle pensioni da integrare domani.
Al contrario dell’evasione delle tasse – Irpef, Irap, Ires, Iva e gli altri tributi – che cala un pezzetto ogni anno, da 95 miliardi nel 2015 a 87 nel 2019, quella contributiva cresce: nel 2015 era “solo” a 11,3 miliardi. Ora siamo quasi un miliardo e mezzo sopra. Lavoro sempre più povero. Quello irregolare è «una caratteristica strutturale del mercato del lavoro italiano», dice l’ultima Relazione sull’economia non osservata firmata dalla commissione del Mef guidata dall’economista Alessandro Santoro. Riguarda 3 milioni e 586 mila «unità di lavoro a tempo pieno», quindi anche 4 milioni di lavoratori o più, considerando part-time forzati e contrattini.
Evade il 70% degli autonomi negando all’erario 32,5 miliardi di Irpef. Un quarto dei proprietari di seconde case allergici all’Imu, scansata per 5 miliardi. E sì, incredibile a dirsi visto che il canone Rai è in bolletta, anche l’11% di chiha un televisore facendo mancare alla tv di Stato 241 milioni. La cedolare secca sugli affitti non basta visto che il nero si mangia mezzo miliardo. Il 20% degli evasori potrebbe farlo, come detto, per “necessità” o perché in attesa di condoni esanatorie che in Italia non mancano mai: dichiara e poi non versa le tasse. L’80% però si scorda di fare il 730 o bara e occulta quando riempie le caselle. Furbizia più che bisogno.
L’evasione è una «tassa occulta » sugli onesti, diceva pochi giorni fa il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, in risposta agli attacchi del vicepremier Matteo Salvini che dipingeva i contribuenti italiani come «ostaggio dell’Agenzia». Il problema esiste se in Italia si evade il 69% dell’Irpef in capo agli autonomi, il 18% dell’Irap, il 20% dell’Iva, il 23% dell’Ires, il 25% dell’Imu. E questo nonostante sanatorie a raffica.
In 5 anni sono state stralciate 64 miliardi di tasse evase contenute in 90 milioni di cartelle di 17 milioni di contribuenti. L’ultimo “saldo e stralcio” previsto dalla manovra Meloni ne ha cancellate altre 36 milioni di cartelle fino a 1.000 euro per 8 milioni di contribuenti. Il “magazzino fiscale” dell’Agenzia delle entrate custodisce 1.153 miliardi di evasione cumulata dal 2000 in poi di cui solo il 10%, pari a 114 miliardi, è recuperabile. Sono 172 milioni di cartelle per 22,8 milioni di contribuenti – 7,5 a testa lasciate negli anni a decantare.
Nessuna meraviglia se poi ci sono i recidivi, i debitori seriali: 7 milioni di italiani che ogni anno accumulano una cartella senza aver onorato le precedenti. Possibile che siano tutti in difficoltà? Gli annunci di paci fiscali e stralci alimentano la speranza di farla sempre e comunque franca in un Paese in cui l’economia sommersa – informale, irregolare, illegale – da 184 miliardi finisce nel 10% del Pil. Ma non in scuole e sanità, pagate dalla «tassa degli onesti».