Non conta «l’ultimo salvataggio» per provare che il documento o mail fu scritto durante il servizio. Scatta, quindi, la condanna per condotta anti-sindacale per il datore che cerca di porre il delegato sindacale in posizione di debolezza, alla vigilia di una trattativa importante, comminandogli una sanzione disciplinare. E la pronuncia del giudice, ex articolo 28 dello statuto dei lavoratori, va, altresì, affissa nella bacheca ziendale: non si può, infatti, infliggere il “rimprovero scritto” al dipendente e delegato sindacale, solo perché ha risposto, tramite l’account dell’ufficio, all’email del capo che gli sollecitava il confronto su temi inerenti l’organizzazione del lavoro; il messaggio di posta elettronica non riguardava, difatti, argomenti privati ma questioni comunque legate al buon andamento dell’ufficio.
Né si possono invocare utilmente dati inerenti la creazione e l’ultimo salvataggio del “file” informatico di risposta, inoltrato dal sindacalista al dirigente che lo ha contattato, per dimostrare che il delegato dei lavoratori abbia predisposto il documento durante l’orario di lavoro, dunque, sottraendo illegittimamente tempo alle scadenze di servizio.
È quanto emerge dal decreto 1568/12, pubblicato il 17 aprile dalla sezione lavoro del Tribunale di Milano. Il caso sottoposto al vaglio della magistratura del lavoro milanese riguardava un dirigente di azienda che aveva fretta: di confermare, in prossimità delle festività natalizie, i funzionari uscenti, stringendo i tempi del confronto coi sindacati sui carichi di lavoro.
I sindacati avrebbero preferito ,invece, rimandare il confronto a dopo le feste. Fra il capo dell’ufficio e il delegato sindacale cominciava, così, uno scambio di email: ed alla fine della mattinata, il responsabile di una delle tre sigle confederali si ritrovava sotto procedimento disciplinare per aver risposto dall’account dell’amministrazione alla sollecitazione proveniente dal dirigente.
Ma il rimprovero scritto, deciso a carico del delegato, veniva impugnato e considerato illegittimo dal Tribunale di Milano – sezione lavoro- perché la risposta del delegato sindacale al capo dell’ufficio rientrava in un confronto che appartiene a una normale dialettica di relazioni industriali tra amministrazione e organizzazioni dei lavoratori.
Né può considerarsi valida la tesi del dirigente di azienda, finalizzata a dimostrare che il delegato avrebbe lavorato al documento delle organizzazioni sindacali durante l’orario di lavoro, basandosi sulle proprietà del file, che indicano l’ora e la data di creazione e l’ultimo salvataggio del documento.
Il lavoratore obiettava, difatti, che il file era già pronto, contenuto nella sua pen-drive, e che la sua attività si era limitata esclusivamente all’inoltro alle altre organizzazioni per la relativa sottoscrizione.
Avvocato Eugenio Gargiulo – da: avvocatoandreani.it – 27 aprile 2012