Non lo convincono le aperture della maggioranza a possibili modifiche della manovra aggiuntiva. Né Pierluigi Bersani crede che alla fine il governo rinuncerà all’arma della fiducia per blindare l’ultimo decreto di correzione dei conti.
Ma tant’è. Pierluigi Bersani non chiude comunque la porta, ma scandisce bene le condizioni del confronto sul ddl. «La manovra – attacca il segretario del Pd – è già figlia di nessuno. Berlusconi dice adesso che sta riflettendo. Sappia dunque che se governo e maggioranza vogliono davvero discutere con noi in Parlamento, dovranno tenere conto di due condizioni: questa volta il contributo di solidarietà devono darlo gli evasori; questa volta ci deve essere nella manovra qualcosa di strutturale per l’equità fiscale e per la crescita e il lavoro. Se non c’è questo, faranno da soli e con una opposizioe che si farà sentire».
Bersani scettico: fidarmi di Berlusconi? Ha messo 47 fiducie
Nessuna cambiale in bianco, dunque. Anche perché il numero uno dei democratici si fida poco della disponibilità al dialogo mostrata dal premier negli ultimi giorni, come pure della volontà di non usare la fiducia per far passare il provvedimento. «Adesso dice così perché deve dare un messaggio di tranquillità al suo pollaio, perché c’è un sacco di gente del centro-destra che vorrebbe cambiare la manovra. Dopodiché, abbiamo avuto 47 fiducie, e credo che quando saremo “sotto”, per problemi interni alla maggioranza, Berlusconi ci ripenserà».
Bossi stuzzica il segretario: non ho ancora capito cosa vuole
Insomma, Bersani è sicuro che il copione scelto dalla maggioranza sarà lo stesso registrato nei mesi scorsi. Tanto più che anche l’asse Berlusconi-Bossi continua a scricchiolare a causa dei continui stop and go del Senatur. Che, da Ponte di Legno, non risparmia qualche battuta nemmeno sul leader del Pd. «Bersani non ho capito cosa vuole, lo capirò quando gli parlerò a Roma, se lo vedo gli parlo». I cronisti lo punzecchiano e Bossi risponde pronto. «Se Bersani mi è simpatico? No, sono io che sto simpatico a lui». Poi il ministro delle Riforme rivela di aver fatto scherzosamente i complimenti al leader Pd, dopo la lettera della Bce all’Italia: «”Bravo, bella lettera”, gli ho detto, perché mica veniva dall’Europa quella lettera lì, l’hanno scritta gli italiani, parlava di cose come le province, che l’Europa non conosce».
Il Senatur: allo studio un intervento sul Tfr
Il Senatur torna quindi a sottolineare la possibilità di un intervento sul trattamento di fine rapporto che sarebbe già allo studio dell’Economia. «Avrete una bella sorpresa fra poco, una grande sorpresa. Il Tfr in busta paga, prima che scompaia anche quello. Come avere due stipendi. L’ha pensato Tremonti». Di più non dice sul progetto del ministro, evocato nei giorni scorsi anche dal ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli.
La replica piccata del leader del Pd: non faccia il furbo
Chi invece ha voglia di parlare per replicare all’ironia del Senatur è il segretario del Pd. «Prima gli dico di non fare il furbo, perchè ha capito benissimo … poi glielo rispiego», ribatte Bersani che torna poi a elencare le proposte dei democratici per correggere la manovra. «Primo punto: voglio far pagare – sostiene Bersani – il 20% a chi ha pagato il 3 o il 4%, e sono 15 miliardi. Quei soldi li metto alla pubblica amministrazione perché paghi le piccole imprese che sono in crisi di liquidità; poi li metto sulle deroghe dei Comuni ai patti di stabilità perchè facciano investimenti per creare un pò di occupazione. Secondo punto: faccio della tracciabilità seria sull’evasione fiscale; faccio un pò di alienazione di immobili statali e comunali. Terzo punto: risparmi nella pubblica amministrazione e nella politica. Infine faccio un pò di liberalizzazioni».
E nel Pdl cresce il fronte degli scontenti
democratici sono quindi pronti a collaborare per riscrivere il decreto. Ma la maggioranza deve fare i conti anche con i mal di pancia interni. Oggi a sferzare Berlusconi&co ci pensa l’ex ministro Antonio Martino che definisce la manovra «inaccettabile» e chiede che sia «radicalmente modificata» nei suoi passaggi parlamentari. E intanto cresce il fronte degli scontenti all’interno del Pdl. «Siamo circa una ventina ma contatti sono in corso; sa non è facile trovarli – ammette uno dei “frondisti”, Giorgio Stracquadanio -. Comunque oggi contiamo di mettere nero su bianco le nostre proposte sulla manovra».