Repubblica. A disposizione dei russi la banca dati sul Covid dello Spallanzani. Con l’accordo stretto tra l’istituto romano e il Gamaleya, è stato stabilito di avviare lo studio su Sputnik per stabilire se può essere una ulteriore arma efficace contro il Covid e le sue varianti, se può funzionare nei casi in cui non hanno avuto effetti positivi altri vaccini e come seconda dose in alternativa a medicinali per cui sono state denunciate alcune reazioni avverse. Ai russi verrà così dato accesso all’ampia banca dati dell’Istituto nazionale per le malattie infettive e ogni passaggio nell’attività di ricerca verrà adeguatamente finanziato, cercando anche insieme, Roma e Mosca, finanziamenti a livello nazionale e internazionale.
Con l’approvazione da parte della Regione Lazio dello schema del memorandum d’intesa per la collaborazione scientifica tra i due istituti emergono particolari che suscitano qualche interrogativo. Davanti a una campagna vaccinale che va a rilento mancando vaccini, da tempo la giunta di Nicola Zingaretti e in particolare l’assessore regionale alla sanità Alessio D’Amato spingono su quello russo. Una posizione condivisa dal direttore dello Spallanzani, Francesco Vaia. Gli stessi russi, del resto, da mesi stanno cercando aziende farmaceutiche nel Lazio per produrre lo Sputnik e, dopo i tentativi fatti da vari mediatori, alcuni imprenditori hanno cercato di prendere accordi direttamente con Mosca. Avviati i primi contatti tra l’Istituto nazionale per le malattie infettive e il Centro nazionale di ricerca epidemiologica e microbiologica Gamaleya, si è quindi arrivati al memorandum sottoscritto da D’Amato, Vaia, il direttore del Gamaleya Alexander Gintsburg e il direttore generale del Fondo russo degli investimenti diretti Kirill Dmitriev, con cui viene dato il via libera a uno scambio di informazioni e materiali biologici. Nel documento, approvato appunto dalla giunta regionale del Lazio, viene sottolineato che «l’Inmi gestisce una delle più grandi banche biologiche dell’Unione europea per gli agenti virali», che per quanto riguarda la Sars-CoV-2 «conserva legalmente 120 ceppi virali di Sars-Cov-2», tra cui quelli delle varianti inglese e brasiliana, e che è in grado, «attraverso la collaborazione con altre istituzioni, di avere accesso ad altre varianti», tra cui la sudafricana, aggiungendo che «si farà parte attiva per condividere questi ceppi con il Centro Gamaleya».
Un patrimonio informativo e scientifico notevole, a fronte del quale è previsto che i russi condividano sieri da soggetti che hanno ricevuto Sputnik V in Russia e che «sarà considerata la disponibilità di ottenere campioni seriati nel tempo come quelli ottenuti dai volontari arruolati nei trial clinici condotti in Russia». Poi si passerà alla fase di ricerca, condotta «in base alla disponibilità autonoma dei soggetti di fondi da dedicare al programma, oltre ad altre risorse» acquisite anche ricorrendo a specifiche sponsorizzazioni. Un’altra possibilità è inoltre quella data ai due istituti di richiedere, «anche congiuntamente, sovvenzioni a livello nazionale e internazionale ». Tutte le attività che, nei diversi passaggi, fino a quello dell’opportunità di ricorrere a Sputnik per una seconda campagna vaccinale, dovranno essere «adeguatamente finanziate prima di avere inizio », con fondi sia pubblici che privati. Se tra lo Spallanzani e il Gamaleya dovessero insorgere problemi non viene però indicato nel memorandum un tribunale a cui fare ricorso, nonostante si preveda la disponibilità di somme notevoli per portare avanti lo studio. Viene invece evidenziato che, «nel caso di qualsiasi controversia o differenza di opinioni », «la stessa sarà risolta amichevolmente tra le due istituzioni». Ancora: «La mancata risoluzione amichevole delle controversie comporta la risoluzione del memorandum d’intesa ». La speranza dei più è ovviamente quella che Sputnik funzioni, ma al momento restano le perplessità e pure le divisioni tra virologi.